Siti web, portali, device: sono solo alcuni degli esempi più noti del campo della tecnologia in cui l’inclusive design ha preso piede negli ultimi anni. Con in mente la volontà di rendere fruibile da tutti gli utenti l’esperienza vissuta interagendo con i prodotti più disparati, sempre più spesso gli esperti si impegnano costantemente per trovare le soluzioni migliori utili allo scopo.
Chi si occupa di design inclusivo, quindi, deve tenere conto di tutte queste espressioni per poter realizzare un prodotto completo, che sappia soddisfare le esigenze e le necessità più disparate.
Ma non solo: bisogna pure considerare gli utenti normodotati o appartenenti a differenti fasce d’età: inclusività, infatti, non va confusa con accessibilità. Inclusivo significa adatto a tutti nel senso più ampio, superando i limiti dettati da eventuali malattie, abilità, conoscenze linguistiche e genere. Non basta che un dispositivo si adatti a coprire le esigenze dei più, ma per coloro che lavorano nel settore è indispensabile individuare i giusti espedienti per dare vita a prodotti commercialmente validi e interessanti dal punto di vista della user experience. Non è utile limitarsi a produrre soluzioni che danno una risposta ai quesiti più importanti, al pari di una limitazione fisica o cognitiva, ma creare da zero novità che nascono già rispondenti a criteri inclusivi.
Inclusive design non vuol dire rinunciare a specifiche di punta come qualità, funzionalità e caratteristiche evolute.
Esempi di questo tipo sono Neuralink, la rete neurale pensata da Elon Musk che prevede un collegamento tra il cervello e i sistemi di ricettori in grado di controllare sistemi esterni, vedi droni o avatar in 3D in speciali videogiochi. Non è dunque un uso limitato a chi soffre di determinate patologie, ma un prodotto che può adattarsi a chiunque. Lo stesso vale per il controller adattivo di Xbox, realizzato da Microsoft. Con i suoi pulsanti programmabili e la capacità di connettersi a switch complementari e non solo, aiuta a entrare nel mondo dei giochi digitali chi è affetto da disabilità ma, allo stesso tempo, a fornire a tutti i giocatori nuovi strumenti di controllo durante le partite ai videogame.
All’elenco si aggiungono quei portali e siti web che utilizzano, ad esempio, temi di colore a contrasto elevato, traduttore automatico dei contenuti, linguaggio gender neutral, modalità di lettura semplificata o possibilità di navigazione attraverso tastiera o controlli esterni. Tutti dettagli che ne migliorano la fruibilità senza far perdere di vista l’obiettivo primario, cioè comunicare uno specifico messaggio.
Dietro a tale linguaggio visivo, sviluppato da Google, c’è la ricercatezza della semplicità, una scelta che rende più facile la lettura e l’interazione con gli elementi presenti sullo schermo anche agli utilizzatori meno esperte o con difficoltà di varia entità. Fornendo informazioni su taluni aspetti funzionali, declinati rispetto a un evidente minimalismo di forma, la tecnologia permette di inserire all’interno di un’interfaccia (dai device più comuni ai siti internet) un grande numero di elementi con scopi diversi.
Andando oltre i gusti del web o UX (“user experience”) designer, il Material Design fornisce le fondamenta per strutture che dimostrano un ottimo livello di intuitività di utilizzo, senza però rinunciare ad ampi margini di personalizzazione in base ai criteri espressi e ricercati dalle aziende. E poi ci sono altri big che puntano sull’inclusività nei suoi progetti. Da Microsoft che ragiona sulla risoluzione di problemi superando i pregiudizi che impediscono di guardare oltre le proprie necessità, ad Apple che ha scelto di aggiungere agli Os funzionalità che consentono di alterare particolari caratteristiche, come la dimensione e il colore del testo, l’opacità o includere il VoiceOver per agevolare gruppi di utenti sempre più corposi, l'impegno per rendere la tecnologia più inclusiva è tanto e in continua crescita. E, visti i costanti balzi in avanti, cosa ci attende per il futuro possiamo solamente immaginarlo.