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Com'è fatto e come funziona un transistor

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Ideati nel secondo dopoguerra, sono stati utilizzati prima nell'elettronica analogica e ora sono alla base del funzionamento di computer e smartphone

Transistor

Ideato nel 1947 all'interno dei Laboratori Bell dell'AT&T, il transistor doveva inizialmente servire a migliorare le comunicazioni tra il continente americano e quello europeo. Oggi lo troviamo impiegato nei campi più disparati, dall'informatica commerciale alla telefonia mobile, dalle smart car alle radio portatili.

Molto probabilmente, neanche Walter H. Brattain, John Bardeen e William Schockley avevano inizialmente compreso appieno la portata della loro scoperta, ma non ci volle poi molto a capire che avrebbe cambiato una volta per tutte il corso dell'elettronica. Nel 1956 i tre scienziati statunitensi hanno ricevuto il Premio Nobel per la Fisica per gli studi condotti all'interno dei laboratori di ricerca e sviluppo dell'AT&T: in appena 9 anni il transistor è diventato una delle componenti hardware più importanti e utilizzate in ambito elettronico.

 

Radio a transistor

 

Che cos'è il transistor

Il transistor, il cui nome deriva dalla crasi delle parole inglesi transconductance e varistor, è un componente elettronico realizzato con materiali semiconduttori come silicio e germanio. Al corpo del transistor sono collegati tre terminali utilizzati per connettere il dispositivo al circuito esterno: applicando una tensione elettrica a due dei terminali è possibile regolare il flusso di elettroni che attraversa il transistor stesso, potendo così amplificare il segnale in ingresso (ovvero far sì che la tensione o la corrente elettrica in uscita sia superiore a quella in entrata).

A cosa serve il transistor

Date queste sue caratteristiche, il transistor trova utilizzo all'interno di un circuito elettrico come amplificatore o come interruttore.

 

Transistor su basetta per circuiti elettrici

 

Nel primo caso, sfruttando le proprietà fisiche dei materiali semiconduttori, può trasformare la corrente (o la tensione) in ingresso in un segnale dotato di maggior potenza. Un esempio pratico è dato dagli apparecchi acustici per persone con deficit uditivi. Questi dispositivi, infatti, sono dotati di un piccolissimo microfono in grado di captare i suoni nelle vicinanze e, grazie a un transistor, amplificarne il volume direttamente all'interno del padiglione auricolare della persona.

 

Transistor in una scheda madre

 

Nel secondo caso, invece, il dispositivo può amplificare il segnale in ingresso o annullarlo. Come interruttore, il transistor permette o impedisce il transito della corrente all'interno del circuito elettrico: il sistema può dunque assumere il valore binario di "0" o "1", permettendo di realizzare i circuiti elettronici digitali alla base della logica booleana. In questa sua veste è utilizzato in campo informatico: ogni microchip (processore o memoria) è composto da miliardi di transistor che permettono di archiviare dati o eseguire le istruzioni e gli algoritmi dei vari software informatici.

Come è fatto un transistor

I transistor sono realizzati utilizzando materiali semiconduttori, silicio e germanio in primis. Come dice il nome, i semiconduttori sono caratterizzati da una conduttività (o resistività) intermedia tra materiali conduttori e isolanti: pur non ostacolando completamente il flusso di elettroni al loro interno, non ne consentono il transito "libero" come accade, ad esempio, all'interno di un cavo di rame. Nel caso i semiconduttori siano "contaminati" da altri materiali (operazione detta di doping in gergo tecnico) è possibile modificarne le caratteristiche fisiche e agevolare il flusso di elettroni.

 

Transistor

 

È quello che accade, ad esempio, nei transistor al silicio. Dopando il semiconduttore con elementi come l'arsenico, il fosforo o l'antimonio è possibile "aggiungere" alcuni elettroni "liberi" alla struttura molecolare del semiconduttore e facilitare così il flusso della corrente elettrica. Dal momento che gli elettroni hanno una carica elettrica negativa, i transistor derivanti da questa operazione saranno definiti n-type (tipo-n, dove "n" sta per negativo). Se il silicio è dopato utilizzando altri materiali come boro, alluminio e gallio, il numero di elettroni liberi diminuirà, lasciando dei "posti liberi" nella struttura cristallina del mezzo, chiamati in gergo "lacune" e assimilate a cariche elettriche positive. Queste ultime, esattamente come le controparti negative (gli elettroni) nel caso dei semiconduttori di tipo n, hanno la proprietà di fluire in presenza di una tensione elettrica. In questo caso il transistor sarà chiamato p-type (tipo-p, dove "p" sta per positivo).

 

Transistor per realizzare una radio

 

"Panini" di silicio

Unendo "strati" di semiconduttori n-type con altri p-type è possibile ottenere dispositivi elettronici di ogni tipo. Affiancando tre strati di semiconduttori tra loro (sia nella "configurazione pnp", ovvero tre strati tipo positivo-negativo-positivo, sia nella "configurazione npn", negativo-positivo-negativo) si darà vita a un transistor a giunzione bipolare: applicando una carica elettrica al circuito, il flusso di elettroni inizierà a muoversi spostandosi dal polo negativo (tipo-n) verso il polo positivo (tipo-p). Questa particolare tipologia di transistor trova applicazione nell'elettronica analogica come amplificatore di segnale.

 

Transistor

 

Transistor a effetto di campo

Nel campo dell'elettronica digitale, invece, sono utilizzati i transistor di tipo MOSFET (acronimo di Metal-Oxide-Semiconductor Field-Effect Transistor, ovvero "transistor metallo-ossido-semiconduttore a effetto di campo"). Come i transistor a giunzione bipolare, anche i MOSFET sono costituiti da strati di silicio (o altri materiali semiconduttori) drogati in maniera differente per creare materiali n-type e materiali p-type. La loro configurazione fisica, però, è leggermente differente e gli strati di semiconduttori sono "avvolti" in una copertura di materiali metallo-ossido sulla quale trovano spazio i tre connettori che collegano il transistor al resto del circuito elettrico: la porta (gate), la sorgente (source) e il pozzo (drain). Nei transistor MOSFET, la porta è il punto dal quale arriva la corrente che genera il campo elettrico necessario a regolare la resistenza tra il terminale sorgente e il terminale pozzo (entrambi sono realizzati in materiale semiconduttore dopato). Il gate controlla, dunque, se e come circola il flusso di corrente all'interno del transistor: se la tensione del gate è nulla, la corrente tra source e drain è nulla (il transistor funziona quindi come un interruttore "aperto"); se la tensione della porta è sufficiente, ci sarà passaggio di corrente elettrica tra la sorgente e il pozzo (in questo caso il transistor funziona come un interruttore "chiuso").

 

Funzionamento transistor mosfet

 

In questo componente elettronico, il flusso di elettroni è impedito dai "buchi" di carica dello strato p-type, ma applicando una carica positiva alla porta (posta al centro tra sorgente e pozzo e in corrispondenza con il tipo positivo) si crea un campo elettrico che consente il flusso di elettroni tra i due strati n-type. In pratica, un transistor di questo tipo funziona a mo' di interruttore, consentendo o impedendo al flusso di elettroni di circolare all'interno del circuito. I MOSFET, dunque, sono i transistor alla base dell'informatica, in quanto consentono l'esecuzione delle operazioni booleane fondamento della logica digitale.

A cura di Cultur-e
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