Una Pubblica Amministrazione sempre più connessa e sempre più digitale, quella che viene descritta nell'ultimo rapporto stilato dall'ISTAT sulla base dei dati del Censimento dell'Industria e dei Servizi del 2011. Oltre 11 mila enti pubblici italiani – sui 12.146 dotati di connessione ad Internet – è dotata di un sito istituzionale grazie al quale comunica e fornisce servizi ai cittadini.
Molto più contrastato, invece, il rapporto tra pubblica amministrazione e social network. Gli ultimi dati disponibili – risalenti a diversi mesi fa – dipingono una situazione tutt'altro che idilliaca: i comuni, le provincie e le regioni italiane sembrano non avere un ottimo feeling con Facebook, Twitter e gli altri social network.
Il primo – e sinora unico – intervento che ha tentato quanto meno di sistematizzare l'utilizzo dei social network da parte della pubblica amministrazione risale al 2011. Il Vademecum Pubblica Amministrazione e Social Media è stato voluto dall'allora Ministro Filippo Patroni Griffi e realizzato da un gruppo di esperti del Ministero della Funzione Pubblica. Pur non essendo un intervento di carattere normativo, il Vademecum fissa alcune buone pratiche e paletti per l'utilizzo delle reti sociali – Facebook e Twitter su tutte – all'interno della PA.
Nel Vademecum, ad esempio, sono specificati gli ambiti di utilizzo dei social media e i possibili campi di applicazione; vengono definite le opportunità del social networking sia per la Pubblica Amministrazione, sia per i cittadini; sono delineate le direttive per la realizzazione di una social media policy (politica d'utilizzo dei social media nella PA) e le raccomandazioni per l'uso dei vari Facebook, YouTube, Twitter e altre reti sociali. Presenti, infine, delle mini-guide all'utilizzo di Facebook, Twitter e YouTube, i tre social network maggiormente diffusi al momento della stesura del Vademecum.
Uscendo dall'astrattezza e dalla teoricità del quadro normativo, però, ci si scontra con la crudezza dei numeri. Che sono e restano a dir poco impietosi. L'analisi del ricercatore freelence Giovanni Arata presentata mesi fa al Nexa Center di Torino parla di appena 1.482 Enti pubblici italiani dotati di una pagina o di un profilo Facebook (1.423 comuni, 49 provincie, 10 regioni) a fronte degli oltre 11mila dotati di un sito web.
Ancora di meno i profili e le pagine effettivamente attive: secondo i dati di Arata il 34,6% degli Enti non aggiorna mai il proprio spazio su Facebook, mentre il 42% lo fa sporadicamente (1 volta a settimana, spesso anche con minor frequenza). Ancora più scoraggiante la situazione di Twitter, dove gli account rintracciabili sono meno di 400.
Dal report emerge, però, un dato tutto sommato positivo: l'assenza – almeno nel caso dei social network – del digital divide tra il nord e il sud del Paese. Com'era logico attendersi, è la Lombardia a detenere il record di Enti pubblici dotati di uno spazio sulla rete sociale di Mark Zuckerberg (249 tra comuni, provincie e regione), ma la Campania (129 profili e pagine Facebook) si difende egregiamente. Il numero degli account è piuttosto ben distribuito lungo tutta la Penisola, mostrando un'inattesa uniformità di utilizzo dei mezzi social da parte delle Pubbliche Amministrazioni locali.
Questi numeri, però, dimostrano anche altro: sono sempre di più gli Enti della PA a fare uno dei social media per relazionarsi con i cittadini, fornendo loro informazioni e servizi grazie a Facebook, Twitter e gli altri. La centralità dei siti web e dei portali degli enti pubblici è stata erosa dalla progressiva e costante diffusione delle reti sociali, divenute ormai parte fondamentale della vita di molti cittadini.
Per questo motivo sono sempre di più gli Enti pubblici che provano a sfruttare a loro vantaggio le interessanti opportunità che offrono i social network. Se da un lato permettono di informare più efficacemente, dall'altro, grazie alla spiccata interattività che li contraddistingue, permettono di costruire relazioni di fiducia e di monitorare il livello di soddisfazione dei cittadini.
I profili social sono diventati dei veri e propri URP virtuali (Ufficio Relazioni con il Pubblico), grazie al quale rispondere alle richieste e alle segnalazioni dei cittadini in maniera rapida e personale. Molto interessante, ai fini dei vari studi sull'utilizzo dei social media da parte della PA, il caso della gestione delle emergenze. Nel corso degli ultimi anni, l'Italia è spesso alle prese con disastri naturali e cataclismi di vario genere e non sempre i canali comunicativi hanno mostrato di funzionare al meglio in caso di emergenza. I social, però, hanno mostrato di poter sopperire a queste mancanze, offrendo un canale di comunicazione diretto, immediato e interattivo. I profili Facebook e Twitter della Pubblica Amministrazione possono essere utilizzati sia nei momenti precedenti la tragedia (facendo prevenzione), nel corso del fattaccio e negli istanti immediatamente successivi.
1 aprile 2014