Per una navigazione online responsabile, occorre innanzitutto che gli utenti sappiano quali sono i contenuti leciti e quali non. Infatti, sebbene il buonsenso possa arginare comportamenti sbagliati, conoscere il funzionamento di Internet e le sue sfaccettature è condizione necessaria - e spesso anche sufficiente - per autotutelarsi.
Quasi tutti ormai lo utilizzano per lavoro, svago e per tenersi in contatto con altre persone, ma pochissimi ne conoscono i meccanismi intrinseci: tanti utenti, per esempio, non sono a conoscenza della differenza fra i termini Internet e Web, che spesso vengono considerati erroneamente sinonimi. In realtà, il primo rappresenta la parte hardware, ovvero l’infrastruttura fisica e logica che utilizziamo per restare connessi; il secondo, invece, è l’abbreviazione di World Wide Web e non è altro che il software, cioè il servizio che funziona sull’infrastruttura.
In altre parole, quando diciamo ‘navigo su Internet’, stiamo utilizzando una sorta metonimia per dire che visitiamo i siti del World Wide Web
Preso atto di questa differenza sostanziale, possiamo pensare ad Internet come ad un contenitore, all’interno del quale trovano posto diversi servizi e tipi di applicazioni di rete. Ciò è fondamentale per comprendere appieno l’argomento che stiamo per affrontare: la differenza fra Dark Web e Deep Web.
Nonostante il senso comune potrebbe portare a pensare che questa sia la porzione più grande del World Wide Web, essa consta soltanto del 10% di tutti i contenuti presenti online.
Questo perché si tratta di quei servizi per cui non è necessario effettuare una registrazione, sottoscrivere un abbonamento o installare un programma. Da qui se ne deduce che tutto ciò che richiede queste operazioni fa parte di una categoria completamente diversa: il cosiddetto Deep Web.
Il Deep Web rappresenta quindi una parte fondamentale della nostra esperienza online, utile non solo ad usufruire di servizi personalizzati ma anche a tutelare la propria privacy e a proteggere la riservatezza.
Se ne può desumere che il Deep Web rappresenta la parte più grande del World Wide Web e, contrariamente a quanto potrebbe far pensare il nome, non ha nulla a che vedere con l’illegalità
Probabilmente l’equivoco deriva dall’esistenza del termine Dark Web, che pur avendo un nome simile è il luogo virtuale spesso prediletto da chi usa Internet per svolgere attività illecite.
Neanche il Dark Web è illegale, benché sia stato vietato in alcuni paesi a causa dell’utilizzo che ne fanno i criminali per comunicare fra loro e diffondere contenuti illeciti.
Grazie alle criptovalute, hanno avuto modo di arricchirsi attraverso la vendita di prodotti non consentiti dalla legge sui criptomarket. Queste motivazioni spingono molte persone a ritenere il Dark Web un luogo da evitare anche (e soprattutto) a causa dei rischi che può comportare per la sicurezza informatica.
L’esempio più illustre è la rete Tor (The Onion Router), alla quale è possibile accedere adoperando il browser omonimo, che sfrutta il protocollo di rete di onion routing, che impedisce il tracciamento dell’attività degli utenti. Tutti i dati, prima di passare dal client al server, attraversano i server Tor che fungono da router, andando a costituire un circuito virtuale crittografato a strati (da qui il termine onion che è la traduzione inglese di cipolla). Questa sua peculiarità garantisce anonimato non solo ai client ma anche ai server: è quindi possibile creare dei servizi nascosti, ragione per cui nel tempo è diventato terreno florido per la proliferazione di attività illegali.
Fra le alternative a Tor figurano I2P (Invisible Internet Project), Freenet, Retroshare, GNUnet, Zeronet e molti altri ancora.