Da sempre Google si pone come motore di ricerca che organizza le informazioni nel mondo e le rende universalmente accessibili e utili. Una dichiarazione che presuppone una neutralità a livello globale, con risultati che siano obiettivi e classificati senza restrizioni politiche o censure. L’algoritmo Search Atlas, sviluppato da due giovani dottorandi del MIT e della Carnegie Mellon University, mostra però che i risultati di ricercavarianonel mondo.
Ciò implica che a una stessa query di ricerca, Google risponderà in modo diverso a seconda della localizzazione in cui questa viene effettuata.
Il motore di ricerca quindi ha il potere di riflettere o amplificare differenze culturali, oppure preferenze dei governi locali. “Qualsiasi tentativo di quantificare la rilevanza codifica necessariamente priorità morali e politiche”, ha spiegato Rodrigo Ochigame, uno dei creatori dell’algoritmo. Il lavoro di Ochigame e della collega Katherine Ye ha così evidenziato il design che rivela i confini dell’informazione su Google, svelando il modo in cui questo classifica le pagine web e le differenze che esistono tra chi esegue su uno stesso argomento una ricerca dall’Italia, dagli Stati Uniti o dalla Cina.
Utilizzando Google Translate, Search Atlas traduce automaticamente la query nelle lingue predefinite di ogni edizione localizzata dei risultati di ricerca (SERP). Al contrario del popolare motore di ricerca, che restituisce una sola pagina di risultati, l’algoritmo dei ricercatori restituisce tre elenchi separati di link, che raggruppano una selezione tra i 100 risultati di Google organizzati per zona geografica di provenienza.
Nel 2010 in Cina Google fu bloccato dal governo di Pechino proprio perché si rifiutava di censurare le immagini del massacro di Piazza Tiananmen.
Esiste comunque una versione ottimizzata di Google che riesce ad aggirare il Great Firewall ed è utilizzabile dagli utenti cinesi, ma i risultati di ricerca si sono rivelati diversi da quanto atteso. Inserendo la query specifica, si ottengono foto recenti di una piazza soleggiata e piena di turisti. Anche se Google ha deciso di non censurare le foto delle proteste, il suo algoritmo riflette comunque le preferenze del governo cinese. Per i ricercatori, questo accade perché l’algoritmo di Google attribuisce priorità diverse a seconda della lingua o della regione dove la query viene ricercata.
Un portavoce di Google dopo la scoperta di Search Atlas ha dichiarato che le differenze nei risultati non dipendono dalla censura, ma dall’intento di ricerca rilevato dall’algoritmo. Chi effettua ricerche in cinese o da Pechino, sarà più interessato a cercare informazioni sulla centrale piazza per questioni turistiche o commerciali, mentre chi esegue la ricerca dall’estero lo farà soprattutto per la storia delle proteste. Insomma, nessuna censura o assecondamento dei governi, ma solo un modo diverso di interpretare la priorità dei risultati in funzione dell’intento di ricerca dell’utente.
Questo accade perché Google Translate converte il termine inglese Dio in risultati più specifici per le lingue di riferimento, come ad esempio Allah in arabo.
Anche la query “combattere il cambiamento climatico” ha ottenuto diversi risultati. In Germania si trovano link che parlano di risparmio energetico, accordi internazionali e misure politiche. Nelle isole, come Mauritius e le Filippine, i risultati sono incentrati sull’immediatezza di una minaccia come l’innalzamento del livello del mare che potrebbe comportare.
I ricercatori di Search Atlas non sono in grado di spiegare perché i risultati di Google cambino in questo modo, ma ne hanno sottolineato la mancanza di neutralità, sollevando anche un problema di etica. Spiega la Ye: “Le persone chiedono ai motori di ricerca cose che non chiederebbero mai a una persona e le cose che vedono nei risultati di Google possono cambiare le loro vite. Potrebbe essere 'Come faccio ad abortire?' ristoranti vicino a te, o come voti o fai un vaccino". E i risultati potrebbero essere molto diversi a seconda del luogo in cui chi esegue la ricerca si trova.