Ha avuto l’arduo compito di ereditare il posto occupato da una figura carismatica come quella di Steve Jobs, eppure il CEO di AppleTim Cook ha saputo tenere botta nonostante gli alti e bassi incontrati dall’azienda di Cupertino negli ultimi dieci anni.
Senza cadere nella tentazione di emulare il suo predecessore, l’uomo chiave di Apple ha scelto di mantenere l’approccio di Cupertino all’innovazione incrementale. È così che i prodotti di Apple - da iPhone a iMac e Macbook - hanno compiuto passi in avanti, puntando su sviluppo e consolidamento piuttosto che su trovate “mordi e fuggi” per un pubblico volatile.
Ben presto il giovane Tim trova lavoro nel mondo dell’informatica. Lavora prima in IBM, dove si occupa della catena di produzione e distribuzione per il Nord e Sud America. Resta nel colosso statunitense dell’informatica per 12 anni circa e nel 1994 decide che è tempo di cambiare aria. Assume così la carica di COO (Chief Operating Officer) di Intelligent Electronics, dove resta per tre anni prima di cambiare nuovamente casa. Questa volta arriva in Compaq, ma il matrimonio ha una durata brevissima (poco meno di un anno). Cook riceve una chiamata per alcuni versi inaspettata ma, vista la folgorante carriera, più che meritata.
Fu sua la decisione di delocalizzare la produzione in Cina a società terze (come ad esempio la Foxconn) e di riorganizzare la distribuzione creando una fittissima rete di punti vendita dedicati esclusivamente a prodotti Apple (gli Apple Store, per intendersi). Il primo prodotto Apple a “sottoporsi” a questa cura (produzione esternalizzata e vendita attraverso punti vendita esclusivi) fu l’iPod Nano: correva l’anno 2005 e il piccolo lettore mp3 di Apple divenne in poco tempo un vero e proprio status symbol.
Nel giro di qualche anno i costi di produzione e distribuzione calarono vertiginosamente, mentre gli Apple Store divennero il cuore pulsante della rete distributiva Apple. Questi successi permisero a Cook di diventare prima direttore della divisione Macintosh, dove curò il passaggio dall’architettura PowerPC verso l’architettura Intel, e poi di assumere per alcuni mesi (era il 2004) la carica di CEO ad interim.
Sono i primi passi della crescita economica di Apple ad opera di Cook. Una strada che, in dieci anni, porterà l’azienda al valore di circa 2,5 mln di miliardi.
Nel 2007 assunse la carica di Chief Operating Officer, mentre nel 2009 tornò a sostituire Steve Jobs come CEO della società. Da questo momento in poi la loro già stretta collaborazione (Cook è senza ombra di dubbio uno dei maggiori artefici della rinascita di Apple) divenne un duopolio di fatto: Cook fu l’amministratore delegato ombra della società mentre Steve Jobs affrontava le fasi finali della sua terribile malattia.
Il 24 agosto 2011 il fondatore di Apple rassegnò le sue dimissioni da CEO e affidò la carica proprio a Tim Cook. Un ruolo difficile, ma ben compensato se si pensa che lo stipendio del 2011 era di poco inferiore ai 400 milioni di dollari.
Il 30 ottobre 2014 fa coming out, almeno per il grande pubblico: "sono orgoglioso di essere gay, e lo considero uno dei più grandi doni che Dio mi ha dato"
È stato il caso dell’allora presidente Usa Donald Trump, non solo in fatto di discriminazioni di genere ma anche per alcune sue decisioni sulle politiche di immigrazione o per il supporto ai suprematisti bianchi. Cook non si è risparmiato nemmeno quando il tycoon ha tentato di escludere dall’esercito a stelle e strisce tutti i militari transgender, criticando ferocemente tali piani.
Non sempre, però, è andato tutto liscio. Dall’altra parte, Apple è finita nella bufera a causa della gestione inefficace delle segnalazioni di molestie, sessimo e razzismo portate alla luce dai suoi dipendenti. La questione ha scatenato feroci critiche, tanto che una nutrita fetta della forza lavoro aziendale si è riversata su Twitter con l’hashtag#AppleToo, facendo finire sotto gli occhi di tutti la questione.
Con quattro modelli di smartphone, un iPhone base, un “Mini” e due pro di differente caratura, Cook ha ripensato il modo di avvicinarsi dei consumatori ai prodotti Apple, con device non più dedicati esclusivamente ad alcune fasce di clientela ma aprendo a tutti la possibilità di portarsi a casa un oggetto della Mela morsicata. È accaduto con gli smartwatch, due dispositivi base e diverse collaborazioni importanti per la realizzazione delle loro molteplici variazioni sul tema.
Con cambiamenti minimal per una crescita organica, l’azienda si allontana dalle dinamiche di mercato. Niente corse sfrenate all’update a discapito della qualità.
E poi ci sono gli iPad, gli auricolari AirPods e una serie di oggetti collaterali che consentono di migliorare le funzionalità e le prestazioni dei device di punta dell’azienda. Tutto ciò che è stato creato da Jobs in passato, ha trovato ampio spazio per una propria evoluzione con l’arrivo di Cook al timone.
Nel 2019, poi, sono arrivati pure i servizi a marchio Apple, come gli abbonamenti ad Apple Music o Apple TV, accompagnati al gaming di Apple Arcade. Ultimo in ordine di tempo è Fitness+, allenamenti realizzati da personal trainer professionisti da svolgere rigorosamente con Apple Watch al polso. E tutto torna al concetto espresso a luglio 2021 da Cook: “non è la tecnologia la nostra più grande fonte di ispirazione, ma l’aiuto che possiamo dare alle persone ad integrarla nella propria vita”.