Il Dead Drop è un fenomeno di condivisione di informazioni off line che aveva avuto notevole successo già intorno al 2010. E che negli ultimi mesi sta vivendo una vera e propria seconda giovinezza in Italia e nel mondo.
Restando alla nostra nazione, si contano decine di avvistamenti in altrettante città: da Roma a Grosseto, da Napoli a Milano, passando per Catania e Venezia. La traccia più evidente del dead drop resta sempre la stessa: l’apparizione di una o più chiavette USB posizionate all’interno di luoghi più o meno di passaggio.
Le chiavette vengono inserite all’interno di fessure delle mura cittadine. L’obiettivo è quello di permettere a qualsiasi utente di prendere il dispositivo, connetterlo a un device a scelta e scaricare le informazioni contenute al suo interno.
Il termine Dead Drop è entrato nel vocabolario degli utenti internazionali a partire dal 2013: il primo anno in cui si è assistito a una proliferazione di chiavette USB in luoghi strategici di tutto il mondo.
Il Dead Drop può essere considerato un fenomeno di condivisione file peer-to-peer, che punta a coniugare fisico e digitale. Ma anche a garantire l’anonimato di chi diffonde le informazioni.
Col passare dei mesi il Dead Drop è diventato un vero e proprio movimento. Non a caso le chiavette USB utilizzate per il trasferimento di informazioni contengono quasi sempre un Manifesto: un file readme.txt che indica la metodologia del Dead Drop e soprattutto i valori e le idee che hanno portato alla sua nascita.
A proposito di valori, è bene sottolineare un aspetto pratico. Partecipare al Dead Drop non significa in alcun modo eseguire atti vandalici. I fori che vengono utilizzati per ospitare chiavette USB devono infatti essere già presenti sulle singole pareti.
Un altro elemento caratterizzante del Dead Drop è la condivisione. Gli utenti infatti sono chiamati a fotografare la parete o il luogo in cui hanno individuato la chiavetta USB utilizzata. Più precisamente devono realizzare una foto a campo largo dell’ambiente, seguita da uno scatto più ravvicinato della parete. Infine occorre scattare un primissimo piano della chiavetta USB.
Ad oggi si stimano quasi 3.000 punti di Dead Drop in tutto il mondo. Per questo alcuni utenti iniziano a parlare di un vero e proprio network p2p. Che riesce nell’impresa di portare l’anonimato nel cuore di luoghi pubblici (e spesso affollati).
L’idea di integrare i vantaggi della comunicazione digitale e dello standard USB con interventi all’interno del mondo fisico è sicuramente interessante. Ciononostante il Dead Drop presenta diversi problemi potenziali.
Il maggiore elemento di rischio consiste nel trovarsi a connettere al proprio device una chiavetta USB compromessa. Non a caso la stessa community che ruota attorno al Dead Drop si impegna nell’aggiornare una lista di chiavette sicure. Per consultarla è possibile visitare il sito deaddrops.com.