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Quanto sono anonimi i Bitcoin?

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La maggior parte delle persone crede che i Bitcoin e le criptovalute siano anonimi, ma chi li conosce sa che è solo un falso mito

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I Bitcoin sono nati nel 2009, ma quasi nessuno li ha conosciuti prima di metà aprile 2021, quando hanno raggiunto il valore di oltre 63 mila dollari, per poi crollare nel giro di poche settimane. Una delle cose che, però, quasi tutti sanno sui Bitcoin è che sono anonimi.

O, almeno, così si pensa: chi non conosce bene le criptovalute è infatti convinto che le transazioni economiche effettuate con Bitcoin, Ethereum o con le altre valute virtuali non siano tracciabili e che si possa comprare qualunque cosa pagando in criptovaluta e restando totalmente sconosciuti a tutti. Fisco compreso.

Le criptovalute, Bitcoin compresi, sono in realtà la forma di pagamento meno anonima di tutte

Il fatto che i Bitcoin siano anonimi, quindi, è un falso mito a tutti gli effetti. C'è un motivo molto chiaro per il quale si è diffuso, ma ciò non toglie che credere nell'anonimato delle transazioni in criptovalute sia un errore clamoroso.

Perché tutti credono che i Bitcoin siano anonimi

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Se tutti sono convinti che i Bitcoin siano anonimi è perché i Bitcoin sono stati raccontati male dalla stampa internazionale che, specialmente di recente, ha parlato di Bitcoin solo in occasione di attacchi ransomware da parte di collettivi di hacker. I ransomware sono particolari tipi di virus informatici, che criptano le informazioni di un dispositivo rendendole illegibili. Gli hacker chiedono un riscatto alla vittima (ransom, in inglese) in cambio della chiave per decifrare i dati.

Tale riscatto, quasi sempre, viene chiesto in Bitcoin o altre criptovalute e questo ha in buona parte aiutato a creare il falso mito dell'anonimato dei Bitcoin. La persona comune, infatti, pensa che gli hacker scelgano questa forma di pagamento proprio per restare anonimi.

Perché i Bitcoin non sono anonimi

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I Bitcoin, e tutte le altre criptovalute, non sono affatto anonimi perché ogni transazione viene registrata su una sorta di diario pubblico, chiamato "ledger", che chiunque può consultare. Facendolo, però, non troverà i nomi e i cognomi di chi ha comprato e venduto Bitcoin, o ha fatto acquisti pagando in Bitcoin.

Al contrario, troverà lunghe stringhe di numeri e lettere che stanno a indicare da quale "wallet" sono partiti i soldi e in quale altro wallet sono finiti. I wallet sono i portafogli virtuali dove vengono conservati i Bitcoin e ogni wallet ha un padrone. Per aprire un wallet, però, serve dichiarare il proprio nome e il proprio cognome.

Finché parliamo di piattaforme internazionali famose e riconosciute dalle istituzioni finanziare, come Coinbase, Conio o altre, allora è certo che non possiamo ottenere alcun anonimato: per aprire un wallet dovremo fornire i nostri documenti di identità, che verranno verificati prima dell'apertura del conto. Altre piattaforme, di solito con sede legale in paradisi fiscali, permettono di usare uno pseudonimo.

Ma anche usando uno pseudonimo non è affatto detto che possiamo restare anonimi. Qualunque autorità inquirente, infatti, indagando su di noi riuscirebbe a scoprire almeno due acquisti che abbiamo fatto in Bitcoin o altre criptovalute (purché siano entrambi fatti con la stessa criptovaluta). A questo punto le basterebbe andare a cercare nel ledger della criptovaluta i due acquisti, per scoprire la stringa corrispondente al nostro wallet. Una volta noto il nostro wallet, sono note tutte le transazioni fatte da e per quel wallet.

Chiariamo, per chi conosce il funzionamento delle blockchain su cui si basano le criptovalute, che stiamo semplificando all'osso: tutta la procedura non è certo semplice, ma di sicuro alla portata delle Forze dell'Ordine.

Esistono criptovalute anonime?

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Alcune criptovalute, come Monero, Zcash e Dash, vengono spacciate per anonime. Ma, in realtà, l'unica cosa che fanno le piattaforme che le gestiscono è offuscare il wallet, con varie tecniche. Non si tratta, quindi, di criptovalute anonime bensì di criptovalute il cui proprietario è più difficile (ma non impossibile) da rintracciare.

Per chi cerca l'anonimato reale nel mondo delle criptovalute, invece, ci sono due opzioni che funzionano realmente, ma sono entrambe illegali. La prima opzione illegale consiste nell'usare la vecchia, classica, testa di legno: si usa un intermediario che acquista per conto nostro i Bitcoin o qualunque altra valuta virtuale. Le mafie di mezzo mondo già lo fanno, e non è legale praticamente in nessun posto.

L'altra opzione è quella di comprare Bitcoin in contanti, tramite appositi sportelli ATM. Questi sportelli ATM verseranno i Bitcoin acquistati in un wallet. Esistono già ATM Bitcoin anche in Italia a Milano, Roma, Torino, Rovigo, Trieste, Genova, Livorno, Napoli, Bari, Palermo, Catania, Siracusa e Cagliari.

Ma con gli ATM Bitcoin presenti in Italia non è possibile aggirare le normative vigenti ed ottenere l'anonimato: richiedono in ogni caso il riconoscimento del proprietario del wallet.

Ci sono, altrove, alcuni sportelli che non effettuano alcun riconoscimento reale dell'utente e gli lasciano versare denaro per acquistare Bitcoin semplicemente inserendo una assolutamente anonima coppia di valori: nome utente e password.

In entrambi i casi, però, comprare Bitcoin con questi ATM comporta il pagamento di una commissione molto elevata: tra il 7% e il 10%, contro l'1,5% medio delle normali piattaforme di exchange di criptovalute. 

Perché gli hacker usano i Bitcoin?

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C'è da chiedersi, a questo punto, perché gli hacker e i criminali 2.0 usino le criptovalute per i loro affari illegali. Il motivo è piuttosto semplice: perché hanno le competenze per rendere difficilissimo rintracciare il proprietario di un wallet.

I wallet usati dagli hacker sono tantissimi, cambiano spesso proprietario, vengono aperti e chiusi di frequente, vengono usati per comprare altre criptovalute e vengono sempre usate le piattaforme più "discrete" che esistono per fare i trasferimenti di denaro. 

In questo modo è molto difficile rintracciare il proprietario reale dei Bitcoin e, per di più, quello che si riuscirà a trovare sarà la sua falsa identità appositamente costruita per gestire questi affari. Dopo, quindi, gli inquirenti dovranno fare un secondo lavoro: capire chi c'è dietro quel nickname.

A cura di Cultur-e
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