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Wood Wide Web, alla radice dell'intelligenza delle piante

Il World Wide Web non è l'unica rete mondiale lungo la quale corrono informazioni. Anche le piante hanno una loro rete comunicativa: Il Wood Wide Web

Wood Wide Web

Dal 1991, anno della sua creazione ad opera di Tim Berners-Lee, il World Wide Web ha fatto passi da gigante. È divenuta, nel corso degli anni, la più grande rete di calcolatori al mondo, arrivando a coprire gran parte della superficie terrestre e connettendo tra di loro miliardi e miliardi di persone. Una rete che, con il passare degli anni, è divenuta “intelligente”, capace a suo modo di evolvere e di adattarsi a vari ecosistemi e nicchie operative. In grado, inoltre, di sopravvivere anche se gran parte dei nodi che la compongono dovessero scomparire da un momento all'altro.

 

Parallelo tra il World Wide Web (a sinistra) e il Wood Wide Web (a destra)

 

Il web, però, non è l'unica rete di dimensioni mondiali capace di mettere in comunicazione tra di loro gli esseri viventi, di adattarsi e sopravvivere alla recisione di gran parte dei suoi collegamenti. Anche le piante – e in particolare le radici delle piante – sono in grado di creare una vastissima rete comunicativa nel sottosuolo, dando vita alla cosiddetta Wood Wide Web, ragnatela diffusa di legno, che trova nell'italiano Stefano Mancuso uno dei massimi esperti mondiali.

L'intelligenza delle piante

Sin dall'antichità sono state considerate una forma di vita di serie B. Per una riabilitazione scientifica delle piante si è dovuto attendere il 1880, anno in cui Charles Darwin diede alle stampe il saggio “Il potere del movimento delle piante”. Nelle pagine finali del libro si parlò per la prima volta – quanto meno in ambito scientifico e accademico – dell'intelligenza delle piante e dell'apparente presenza di un cervello, capace di determinarne movimenti, comportamenti e sviluppo. Da allora, la biologia vegetale ha compiuto progressi enormi.

La rete di radici

Basti pensare al già accennato Wood Wide Web, la cosiddetta rete di radici che ogni albero, cespuglio o arbusto è capace di sviluppare nel sottosuolo. Sono le radici – in particolare gli apici radicali – a controllare lo sviluppo della pianta, a determinarne movimenti, forme e direzioni di crescita. All'interno degli apici delle radici troviamo la cosiddetta zona di transizione che, nonostante le dimensioni – inferiore al millimetro –, sembra svolgere il ruolo di “cervello” della pianta. Questa piccolissima sezione dell'apice della radice mostra il maggior consumo di ossigeno nella pianta e, fatto più importante, mostra un'attività elettrica in tutto e per tutto simile a quella dei neuroni.

Secondo Stefano Mancuso, gli apici delle radici di una pianta lavorano collaborativamente, creando un immenso network naturale che si estende per decine di chilometri e copre superfici di diverse centinaia di metri quadrati.

 

 

Da questa prospettiva, la rete di radici e il World Wide Web funzionano e agiscono allo stesso modo. Entrambe sono costituite da piccoli elaboratori interconnessi tra loro ed entrambe sono evolute per la stessa ragione: sopravvivere ai predatori. Per questo, sostiene il botanico italiano, è necessario studiare lo sviluppo e il funzionamento del Wood Wide Web se si vuole migliorare il World Wide Web.

I plantoidi

Le piante, sostiene sempre il neurobiologo vegetale italiano, possono essere fonte d'ispirazione anche in un altro campo. I robot costruiti sino ad oggi, sostiene sempre Stefano Mancuso, somigliano, ad animali (i cosiddetti animaloidi), agli insetti (insettoidi), agli uomini (gli androidi) e così via. Sinora, però, nessuno ha mai pensato di imitare forma e funzioni di una pianta, creando un piantoide.

Droidi così costruiti sarebbero la soluzione ideale per analizzare terreni e colonizzare nuovi territori. Basti pensare, ad esempio, alle missioni esplorative della NASA, con rover spediti su Marte alla ricerca di tracce vitali. In questa ottica, l'utilizzo di plantoidi capaci di autogestirsi e svilupparsi nel sottosuolo con radici e filamenti bionici potrebbe rappresentare lo strumento ideale per l'esplorazione di nuovi pianeti.

 

Plantoidi ibridi

 

In questo senso è ancora più interessante è lo sviluppo di droni ibiridi, in parte macchine e in parte esseri viventi. L'utilizzo di piante (foglie, arbusti e, soprattutto, radici) renderebbe più semplice – anche sotto il punto di vista etico – la creazione di droidi di questo tipo.

Il ruolo dei funghi

Altri scienziati, però, si sono spinti ben al di là delle teorie di Mancuso. Circa l'80% delle piante ha le proprie radici “infestate” dall'Arbuscular mycorrhizal, un fungo che vive e si estende nel sottosuolo creando una fitta rete di connessioni vegetali. Mentre il fungo rifornisce le radici con acqua e altre sostanze nutritive, la radice “cede” zuccheri al fungo: un rapporto simbiotico, insomma, dove i due esseri viventi traggono vantaggio l'uno dall'altro. Ma ci potrebbe essere di più. Secondo alcuni studiosi, lungo i filamenti che connettono i funghi presenti su varie piante potrebbero scorrere sostanze nutritive e segnali elettrici. E quindi informazioni.

 

Estensione delle radici di mycorrhizal

 

Se ciò trovasse conferma, ci si troverebbe di fronte alla più grande rete di comunicazione naturale. I filamenti dell'Arbuscular mycorrhizal si estendono per centinaia di chilometri, connettendo tutte le piante e gli alberi che incontrano sulla loro strada. Una vastissima rete da cui trarre ispirazione per lo sviluppo di Reti informatiche sempre più avanzate e performanti.

A cura di Cultur-e
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