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Neuromorphic processing, i processori che assomigliano al cervello

Dagli Stati Uniti una nuova architettura di calcolo pronta a mandare in pensione l'architettura di Von Neumann. Il suo segreto sono le reti neurali

In arrivo processori sempre più simile al cervello

Per decenni – circa sei – il mondo dell'informatica ha basato la propria capacità di processare dati sull'analisi elettronica di un sistema informativo binario. La complessità dei problemi cui l'informatica è oggi chiamata a dare risposta esige però approcci differenti, che abbiano nella duttilità il loro punto di forza.

Un approccio prevede l'applicazione dei concetti della fisica e della meccanica quantistica alla scienza informatica. Sfruttando lo stato di indeterminazione che contraddistingue le particelle quantistiche, l'informatica quantistica (quantum computing in inglese) si propone di processare dati e informazioni molto più velocemente rispetto ad oggi.

Un secondo approccio, invece, prevede la progettazione e realizzazione di processori sempre più simili al cervello umano e per questo dalle capacità al momento ancora sconosciute. Sfruttando le cosiddette reti neurali artificiali, questo nuovo approccio informatico – chiamato neuromorphic processing – permetterà di creare delle intelligenze artificiali le cui modalità di apprendimento ricordano molto da vicino quelle dell'uomo. Un traguardo che potrebbe essere molto più vicino di quanto si creda, stando ad ascoltare le ultime indiscrezioni in arrivo da Qualcomm.

Prova ed errore

Alla base del successo delle modalità di apprendimento dell'Homo Sapiens Sapiens c'è un procedimento molto semplice ma non per questo meno efficace: quello della prova ed errore. Un concetto molto complesso riconducibilead un principio molto semplice: l'uomo è in grado di imparare dai propri errori. In un futuro prossimo, molto prossimo, anche i processori saranno in grado di farlo, simulando così modalità di pensiero e ragionamento umane.

 

Cervello e processore

 

Questo nuovo approccio informatico, in parte già utilizzato da alcune delle maggiori aziende del settore, è basato sul sistema nervoso degli animali. In particolare, gli ingegneri e gli scienziati informatici sono riusciti a riprodurre il modo in cui i singoli neuroni reagiscono agli stimoli provenienti dall'esterno e come questi analizzino l'informazione all'interno di un network neurale molto più esteso e complesso. Ciò permetterà ai computer di apprendere nuove modalità di lavoro o nuove soluzioni a vecchi problemi nello stesso momento in cui si sta portando a termine una determinata istruzione. I sistemi informatici, in modo simile alle reti neurali biologiche, sapranno adattarsi alle diverse situazioni e ai diversi stimoli che si presentano.

Gli sviluppi futuri

Sistemi informatici di questo genere darebbero vita a nuove forme di intelligenze artificiali, capaci di compiere azioni e gesti considerati un'esclusiva del regno animale. Androidi, robot o semplici computer dotati di processori capaci di neuromorphic processing saranno in grado di vedere, ascoltare, parlare, manipolare oggetti e muoversi negli ambienti più vari. Operazioni, quelle appena descritte, compiute in maniera elementare dagli attuali sistemi informatici. “Ci stiamo muovendo da sistemi informatici convenzionali verso un qualcosa che possiede molte delle caratteristiche della cosiddetta informatica biologica”afferma l'astrofisico Larry Smarr, direttore del California Institute for Telecommunications and Information Technology, uno dei centri di ricerca più avanzati del settore.

 

Cervello e informatica, rapporto sempre più stretto

 

Ciò dovrebbe permettere di superare il maggiore limite dei sistemi informatici tradizionali: la programmazione. Un sistema informatico odierno è limitato dal programma che è chiamato ad eseguire: un sistema visivo computerizzato, ad esempio, sarà in grado di “riconoscere” solo quegli oggetti che possono essere identificati dagli algoritmi statistici utilizzati dal programmatore.

Von Neumann addio?

Sino ad oggi, l'architettura dei computer si basava sulle idee e le teorie sviluppate dal matematico John Von Neumann circa 65 anni fa. Un sistema informatico, nell'architettura di Von Neumann, è formato da un'unità di calcolo centrale (il processore), dalla memoria di lavoro e dalle periferiche di input e output. I dati e le informazioni, come detto, vengono processate utilizzando un sistema binario.

 

Architettura del processore NPU

 

I nuovi processori sarebbero invece formati da componenti elettroniche collegate tra loro da cavi che imiterebbero le connessioni sinaptiche del cervello umano. In questo modo il processore non sarebbe chiamato a eseguire un semplice programma ma potrebbe “interagire” con l'ambiente circostante, rispondendo agli stimoli in arrivo dall'esterno.

In un sistema così progettato, l'errore non solo sarà previsto ma sarà fondamentale per teorizzare e sperimentare nuove modalità di apprendimento.

Qualcomm Zeroth

Qualcomm, produttore statunitense di semiconduttori e leader nel settore dei SoC, ha da poco presentato il suo primo processore “neurale”. Il Qualcomm Zeroth riproduce le connessioni tra neurone e neurone tipiche del cervello degli animali e dell'uomo in particolare, così da fornire ai dispositivi un'unità di calcolo dotate di capacità cognitive avanzate.

 

I laboratori di Ricerca e sviluppo Qualcomm sono stati quindi in grado di ideare e realizzare una nuova architettura di calcolo, nella quale sinapsi elettroniche giocano un ruolo fondamentale nel trasporto e nell'analisi dei dati. Per questo lo Zeroth è stato definito un processore NPU, acronimo di neural processing unit, unità di calcolo versatili e duttili, utilizzabili tanto nei dispositivi portatili quanto nei normali sistemi informatici.

A cura di Cultur-e
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