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Realtà virtuale, i rischi per la privacy

I visori VR raccolgono tantissimi dati personali degli utenti che li utilizzano e li condividono con società di terze parti. Ecco come difendersi

realtà virtuale

Tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata permettono di acquisire una serie di dati sensibili relativi al tracciamento biometrico. Ad esempio, giocando ad un videogame VR tutti i movimenti del corpo, della testa, delle mani e degli occhi possono essere registrati e successivamente utilizzati come dati medici. L'analisi dei dati è in grado di diagnosticare o prevedere numerosi disturbi cognitivi e fisici come ansia, depressione, schizofrenia, dipendenza, deficit di attenzione, iperattività e autismo. Non solo, le applicazioni della realtà virtuale e aumentata sono in grado di rilevare i cambiamenti nel tempo che caratterizzano i vari stadi di sviluppo di queste malattie, aiutando la ricerca a valutare il giusto intervento terapeutico.

Un utilizzo ipotetico dei dati molto interessante per lo sviluppo di nuove cure, ma che allo stesso tempo preoccupante per la privacy degli utenti. Tutti i dati raccolti dalle aziende tramite i visori per la realtà virtuale come vengono utilizzati? Esiste una privacy policy che delimita l'utilizzo di questa mole di dati? La risposta è no. Nessuna aziende e nessun ente governativo finora si è mosso per proteggere le informazioni personali degli utenti raccolte tramite le applicazioni VR e AR. Un vuoto normativo che deve essere colmato al più presto per non mettere a repentaglio la privacy delle persone, in un momento storico in cui le app VR e AR cominciano a prendere piede anche nella vita di tutti i giorni.

VR e AR: rischio privacy

realtà virtale visore

Questa mole di dati, se utilizzata a fini medici, ha un enorme valore in campo scientifico, ma se qualcuno ne facesse un uso diverso? Se i dati raccolti con le applicazioni dedicate alla realtà virtuale o aumentata fossero abbinati ai dati dei singoli utenti potrebbe delinearsi uno scenario abbastanza inquietante. Molte ricerche, ad esempio, dimostrano come la realtà virtuale sia in grado di prevedere le prime fasi dell'insorgere della demenza, grazie all'analisi di una serie di dati biometrici. Dati che un giorno potrebbero essere utilizzati contro chi soffre questo tipo di malattia, magari vedendosi rifiutato un contratto di lavoro, o un'assicurazione sulla vita.

Un rischio non da poco, in quanto i dati di tracciamento della VR e della AR non possono essere resi anonimi perché ogni persona presenta degli schemi di movimento unici. Utilizzando solo i dati relativi allo sguardo, alla direzione della testa durante i movimenti, alla posizione della mano, all'altezza e ad altre caratteristiche comportamentali raccolte dai sensori utilizzati durante le sessioni di realtà virtuale, i ricercatori sono stati in grado di identificare un utente con una precisione del 90%.

VR e AR: dati molto sensibili

app realtà aumentata

Come il codice postale, l'indirizzo IP e l'impronta vocale, i dati di tracciamento della realtà virtuale e della realtà aumentata dovrebbero essere considerati come informazioni utili per l'identificazione personale, in quanto possono essere utilizzati per distinguere o tracciare l'identità di un individuo sia se utilizzati da soli, sia se combinati con altri dati personali disponibili al pubblico, soprattutto online.

Attualmente i dati archiviati da queste tecnologie innovative non sono regolamentati e il modo in cui vengono raccolti, acquisiti, utilizzati e condivisi non viene monitorato da nessuna entità esterna. Alla fine del 2018 presso la Stanford University è stato promosso un vertice al quale hanno partecipato i principali produttori hardware e software della realtà virtuale e aumentata insieme ad esperti del mondo accademico e non profit per esaminare i rischi connessi all'utilizzo di questa tecnologia e poter ideare una serie di possibili soluzioni. Tra i pericoli maggiori c'è la perdita di libertà, il danno alla reputazione e la diminuzione all'accesso alle pari opportunità a causa della mancata separazione tra identità online e offline. I più vulnerabili al tracciamento biometrico sono i bambini, a rischio sin dalla tenera età e non in grado di comprendere ancora simili rischi.

Le possibili soluzioni

visore vr

Durante il vertice voluto dalla Stanford University sono state presentate alcune proposte per aumentare la protezione della privacy degli utenti che utilizzano queste tecnologie. Prima di tutto limitare la raccolta di dati biometrici da parte dei dispositivi VR e AR impedendo l'acquisizione di tutti i dati generati, nonché prevedere un periodo di tempo definito per l'eliminazione automatica dei dati e delle informazioni sensibili impedendo così la possibilità di comparazione nel tempo.

Puntare su una comunicazione chiara e semplice che spieghi che tipo di dati vengono raccolti e per quale motivo. Un'altra soluzione prevede di invitare gli utenti a sottoscrivere nuovamente il consenso del trattamento dei dati personali quando le politiche sulla privacy adottate dalle aziende cambiano, infine, i dati biometrici non devono essere trasferiti ad un'altra società in caso di acquisizione senza il consenso degli utenti.

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A cura di Cultur-e
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