Le statistiche al riguardo sono piuttosto impietose. Nell'ultimo decennio (dalla metà del primo decennio del XXI secolo in poi, più o meno), smartphone, computer e altri dispositivi elettronici e digitali sono diventati una sorta di nostra estensione, di nostra appendice. Tanto che, in molti, hanno paura di restare disconnessi e di non avere sotto controllo il loro smartphone. I numeri, come dicevamo, parlano chiaro: nella giornata media, tutti gli iscritti di Facebook trascorrono collettivamente l'equivalente di 39mila anni sul social network (circa 15 minuti a testa), mentre la gran parte delle persone controlla lo schermo dello smartphone 150 volte al giorno, quasi fosse un riflesso condizionato.

 

cosa è digital detox

 

Un'overdose digitale che finisce con l'incidere sulla nostra soglia di attenzione e sulla nostra produttività. Secondo studi dell'University of California – Irvine (Stati Uniti) tra posta elettronica, social, messaggistica istantanea e quanto altro, le notifiche finiscono con l'interromperci circa ogni 3 minuti. I ricercatori britannici della Loughborough University, invece, sostengono che necessitiamo circa di 1 minuto per ritrovare la concentrazione sull'attività che si stava compiendo ogni volta che ci si ferma per leggere un'email.

Un comportamento che, secondo alcuni psicologi e alcuni sociologi, porta all'insorgere di vere e proprie patologie, connesse con l'aumento dello stress e del livello di ansia. Malattie moderne che hanno la loro "origine" nel display dello smartphone e nella nostra paura di essere tagliati fuori – fear of missing out o FOMO – dall'ultimo meme di Internet, dall'ultimo video virale di YouTube o dall'ultima tendenza di Facebook o Instagram.

Cos'è la nomophobia

 

nomophobia

 

Tutto nasce nel 2008, quando YouGov (ente di ricerca britannico) conduce una ricerca sui livelli di stress e ansia registrati dagli utenti di smartphone e cellulari per conto delle Poste del Regno Unito. Si viene così a scoprire che circa il 53% degli intervistati aveva paura di perdere il telefono, di restare con la batteria scarica o di non essere più raggiungibile perché all'interno di un'area non coperta dal segnale. Si tratta della cosiddetta nomophobia (nomofobia in italiano), neologismo nato dalla crasi di no-mobile-phone phobia, ovvero la paura di essere scollegati – o di perdere il controllo – dal proprio telefono cellulare.

E anche se la nomophobia non è ancora stata riconosciuta come una vera e propria patologia clinica – almeno non ovunque o non ufficialmente – sono moltissimi gli studi scientifici che certificano la stretta correlazione tra il sovrautilizzo dello smartphone e uno status alterato della nostra psiche. Secondo lo studio di Bianchi e Philips del 2005, ad esempio, l'uso senza freni di dispositivi mobili è legato a bassi livelli di stima e disturbi della personalità. La nomofobia, inoltre, può essere collegata a disturbi psichici preesistenti, come agorafobia, crisi di panico e ansia sociale.

Cos'è il digital detox

 

digital detox

 

Nasce così il digital detox (letteralmente, "disintossicazione dal digitale"), un fenomeno in rapida crescita come reazione all'overloading informativo e comunicativo derivante dall'utilizzo dello smartphone e dei computer. In particolare, il digital detox è un periodo di tempo nel corso del quale si tenta di distaccarsi dai dispositivi elettronici, riducendone l'utilizzo e, possibilmente, la "dipendenza". Il digital detox è visto da molti come un'opportunità per ridurre lo stress e tornare ad avere rapporti sociali nella vita reale.

I vantaggi del digital detox possono essere molteplici. Si parte dalla già citata riduzione dello stress a una maggiore consapevolezza del mondo reale che ci circonda, passando per una migliore salute mentale, un miglior rapporto con le persone che ci sono vicine, una maggiore produttività e una postura più corretta.

Come funziona il digital detox

Per capire se si ha bisogno o meno di un periodo di riposo da smartphone, computer e altri dispositivi tecnologici, è necessario prima di tutto capire quale sia il livello di "dipendenza". Alcuni software e applicazioni (come Rescue Time per Mac, Moment per iPhone o Quality Time per Android, ad esempio) permettono di calcolare il tempo che trascorriamo davanti allo schermo di computer e smartphone, consentendo così di avere un'idea più chiara di quale sia la nostra "condizione".

 

 

Bisogna poi impostare delle regole di utilizzo dei dispositivi e degli orari ben precisi nei quali si ha la possibilità di staccare tutto e dedicarsi alla vita reale. Dopo aver pianificato lo "switch off", sarà utile anche stabilire delle free zone: delle aree di casa – o anche all'esterno, quando si esce con amici o parenti, ad esempio – nelle quali si deve evitare, quanto più possibile, l'utilizzo di smartphone e altri device mobili. L'utilizzo di strumenti analogici – come un orologio da polso o una sveglia – aiuterà inoltre il processo di distacco: si creeranno delle alternative con un minor "potere" distraente rispetto a smartphone o smartwatch ma ugualmente efficaci.

Sul fronte lavorativo, invece, si parte organizzando una diversa routine quotidiana, che ci spinga a un minor utilizzo dei dispositivi elettronici. Riorganizzando la lettura della posta elettronica, ad esempio, si riuscirà a recuperare del tempo e, come visto nella statistica citata precede, evitare distrazioni inutili. Fondamentale, però, rispettare l'orario di lavoro: una volta usciti dall'ufficio, mettete da parte telefono e computer e dedicate tempo a chi vi circonda.

A cura di Cultur-e