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Breve storia dei giochi interattivi

La realtà aumentata e la realtà virtuale fanno presagire grandi cose se legate al mondo del gaming. Ma appena 30 anni fa l'interattività era fortemente limitata

Furby, uno dei giocattoli interattivi più venduti di sempre

Oggi abbiamo la realtà aumentata e videogames come Pokemon Go (e non solo); oppure Skylanders Superchargers con le sue action figures interattive e pronte a "entrare in azione. Per non parlare, poi, delle console come Nintendo Wii e Nintendo Wii U (o delle barre sensoriali come Microsoft Kinect) che portano l'esperienza videoludica a un livello nuovo e molto più coinvolgente. O, ancora, titoli come Guitar Hero, Rock Band e Dance Revolution, che consentono ai gamer di vestire i panni del rocker (con tanto di chitarra, microfono o batteria) o del ballerino professionista.

 

Tamagotchi, gioco interattivo degli Anni '90 per eccellenza

 

E dire che fino a un decennio fa un tale livello di interattività uomo-gioco non era affatto ipotizzabile. Se negli Anni '60 e '70 il massimo del "coinvolgimento" è regalato da bambole come Barbie, a partire dagli Anni '80 si assiste all'ascesa dei robottoni e dei primi dispositivi elettronici. Un notevole passo in avanti rispetto al passato, ma il livello di interattività resta assolutamente non paragonabile rispetto ai nostri giorni. Si resta, infatti, nel campo dell'interazione "stimolo-risposta", nel quale a ogni azione dell'uomo corrisponde una reazione predeterminata da parte dell'automa.

Gli Anni '80

Complice anche la miniaturizzazione dei transistor e dei chip (che ha portato, tra le altre cose, alla diffusione dei primi personal computer), a partire dagli Anni '80 iniziano a fare la comparsa i primi giochi (o robot) elettronici, capaci di interagire direttamente con il bambino o con chiunque si fosse trovato nelle vicinanze. Il Grillo Parlante, gioco elettronico lanciato sul mercato nel 1979 da Clementoni in collaborazione con Texas Instruments è un po' l'emblema dei giocattoli interattivi di questo decennio: pur rappresentando un grande passo in avanti rispetto alle bambole "analogiche" alla Barbie, lo scambio tra utente e gioco è limitato a domande e risposte fissate inizialmente dal produttore del giocattolo stesso.

 

Grillo parlante

 

Sempre negli Anni '80 si diffonde a macchia d'olio Simon, gioco da tavolo elettronico e interattivo. In questo caso i giocatori sono chiamati a premere i quattro tasti presenti nella parte alta del dispositivo a seconda della sequenza luminosa predeterminata dalla circuiteria interna del giocattolo. Come si vede, insomma, anche in questo caso l'interattività, seppur presente, è fortemente limitata.

 

EMIGLIO è meglio, il robot cameriere

 

Gli Anni '90

I continui sviluppi nel campo dell'elettronica consentono di elevare, sin dai primissimi Anni '90, il livello di interattività tra giocattolo e giocatore. L'inizio del decennio, poi, si contraddistingue per la rapida diffusione di robot-automi in grado di collaborare e "parlare" con gli utenti: E.M.I.G.L.I.O. (robot cameriere) e 2-XL (robot insegnante) sono un po' i capostipiti di questa nuova generazione, ma il vertice "evolutivo" è rappresentato da Furby.

 

Furby

 

Questo piccolo pupazzo animato, distribuito da Hasbro a partire dal 1998, è dotato di sei sensori e un piccolo motore elettrico che permette di muovere indipendentemente orecchie, palpebre, braccia e gambe. Capace di parlare una propria lingua (il furbish), Furby è in grado di richiedere attenzione e cure da parte del giocatore come se fosse un bambino in carne ed ossa: una volta acceso, il giocatore è portato a interagire in maniera avanzata, scambiando parole, nutrendolo e accarezzandolo. Anche in questo caso, però, le possibilità sono limitate: Furby non può imparare parole nuove, a meno che queste non siano già presente nel suo "vocabolario" interno.

 

Tamagotchi appena schiuso

 

Nel 1996 la giapponese Namco Bandai invade il mercato internazionale dei giocattoli con il Tamagotchi, pulcino elettronico che ha causato innumerevoli notti in bianco degli adolescenti cresciuti a ridosso del nuovo millennio. Al momento dell'accensione di questo piccolissimo gioco elettronico, l'uovo elettronico si schiude e da quel momento in avanti si sarà chiamato ad accudire il cucciolo a mo' di chioccia: dovrà nutrirlo, sostenerlo, pulirlo e giocare con lui. L'obiettivo è farlo crescere e, soprattutto, non farlo morire: in questo caso il giocattolo non sarebbe stato più utilizzabile.

Dal 2000 in poi

Processori e acceleratori grafici sempre più potenti consentono, tra la fine degli Anni '90 e l'inizio del nuovo millennio, uno sviluppo senza pari delle console videogame. Queste, oltre a essere in grado di far girare videogiochi dalla grafica sempre più raffinata e dettagliata, aumentano esponenzialmente le possibilità di interazione del gamer. Basti pensare alle già citate Wii e Wii U o al Microsoft Kinect: grazie ai sensori di movimento, al giroscopio e rilevatori di raggi infrarossi, queste console saranno in grado di riprodurre alla perfezione i movimenti degli utenti.

 

Giocare a tennis con la Wii

 

In questa ottica, l'evoluzione "naturale" dell'interattività porta diretta verso la realtà aumentata e la realtà virtuale. Pokemon GO è solo un esempio – il primo probabilmente – delle potenzialità di queste due tecnologie applicate al mondo del gaming. L'utente, indossando un visore VR o un visore a realtà aumentata, si troverà catapultato all'interno del gioco stesso, diventandone così parte integrante.

A cura di Cultur-e
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