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Addio alla Legge di Moore, arrivano i processori 3D

Cosa ci riserverà il settore dei microchip e dei transistor nel prossimo quinquennio? Scopriamolo grazie al report dell'ITRS

Wafer di silicio immerso nella sabbia

Ora abbiamo anche una di "scadenza". E, bene attenti, non si tratta della "solita" previsione fatta da questo o quell'analista, ma di un report annuale rilasciato dall'International Technology Roadmap for Semiconductors (abbreviato in ITRS), l'organizzazione di produttori che si occupa di diramare le linee guida per lo sviluppo del settore dei processori e dei semiconduttori in genere. Stando all'ultimo report, datato luglio 2016, la Legge di Moore dovrebbe perdere di ogni efficacia nel 2021.

Entro questa data, dunque, chi produce processori e SoC per computer, smartphone, wearable device e altri dispositivi mobili in genere non saranno più in grado di rimpicciolire ulteriormente i transistor e raddoppiarne, più o meno ogni 18 mesi, il numero all'interno di chip delle stesse dimensioni. Ciò, ovviamente, non vuol dire che lo sviluppo dei dispositivi hardware si arresterà e non sarà più possibile incrementarne la velocità. Molto più probabilmente si adotteranno altre tecnologie e altri materiali per costruire e realizzare CPU e SoC.

Una delle strade da percorrere, ad esempio, prevede lo sviluppo tridimensionale dei chip: anziché disporre i transistor su una superficie piana, saranno distribuiti su più "piani" accatastati l'uno sull'altro. L'utilizzo di nuovi materiali (una lega Silicio-Germanio oppure i metalli semiconduttori del III e V gruppo della tabella periodica) permetterà di spingerci un po' più in là sia in termini di potenza di calcolo, sia sul versante delle massime temperature operative raggiungibili. Insomma, se il destino della Legge di Moore è ormai segnato, quello dei semiconduttori non potrebbe essere più roseo.

Processore tridimensionale

Il settore delle CPU – inteso in senso largo come settore delle unità di calcolo centrale – è in piena fase di transizione. Tra la fine del primo e l'inizio del secondo decennio del secolo, infatti, si è passati da un modello "disintegrato" (rappresentato dalla vecchia architettura informatica dei personal computer) a un modello maggiormente integrato, dove lo stesso wafer di silicio ospita sia l'unità di calcolo sia altri elementi hardware fondamentali per il funzionamento del sistema stesso. Si tratta del SoC, unità di elaborazione degli smartphone e altri dispositivi mobili e indossabili, nel quale sono raccolti non solo il processore, ma anche la GPU e altri componenti hardware, consentendo un notevole risparmio energetico.

 

Processo "integrativo" delle CPU

 

Il passo successivo sarà il passaggio a un'architettura tridimensionale, nella quale (come accennato) le componenti hardware non saranno disposte superficialmente, ma accatastate l'una sull'altra a formare delle figure geometriche solide (o dei "palazzi" di chip) i cui livelli saranno collegati con nanotubi in carbonio. In questo modo sarà possibile ridurre ulteriormente le dimensioni dei vari CPU e GPU, diminuire le distanze e i collegamenti tra le varie parti velocizzando lo scambio comunicativo e abbattendo i costi di realizzazione dell'intero "pacchetto".

Un approccio del genere è stato già messo in atto con le memorie 3D Nand Flash, ma prima che possa trovare applicazione pratica e commerciale nell'ambito dei chip dei processori sarà necessario aspettare ancora qualche anno: CPU 3D non saranno messe in vendita prima del 2021-2024. Anche perché i tecnici e gli ingegneri si troveranno a fronteggiare problemi di surriscaldamento sempre più marcati, tanto che ci si incontreranno non poche difficoltà a sviluppare chip 3D più efficienti e potenti. Sarà necessario studiare e realizzare nuovi sistemi di raffreddamento e dissipazione del calore più funzionali e adatti allo scopo.

Chip 3D con processore e memoria

Lo sviluppo di questa nuova tecnologia, oltre a mandare definitivamente in pensione le tesi della Legge di Moore, potrebbe in qualche modo ribaltare anche il modello della "Macchina di Von Neumann", sul quale si basa (a grandi linee, ovviamente) l'architettura dei computer che utilizziamo ancora oggi. Una ricerca condotta da scienziati della Stanford University e del Massachusetts Institute of Technology e pubblicata sulle pagine della rivista Nature mostra come sia possibile unire in un unico chip tridimensionale sia l'unità di calcolo centrale, sia la memoria RAM.

 

Struttara 3D esagonale

 

Sfruttando diverse nanotecnologie e materiali all'avanguardia – nello specifico, nanotubi di carbonio – i ricercatori statunitensi diretti dal professor Subhasish Mitra e dal professor Max Shulaker hanno realizzato alcuni prototipi funzionanti di chip 3D in grado di sostituire CPU e RAM all'interno di un computer. Il più avanzato, presenta all'interno della propria struttura circa 1 milione di nanotubi che svolgono le funzioni di memoria RRAM (acronimo di Resistive RAM) e 2 milioni di nanotubi dedicati al processore. Le piccolissime strutture, inoltre, sono intervallate a strati, così da migliorare ed efficientare ulteriormente la struttura interna. Si tratta, a detta del gruppo di ricerca delle due università USA, della più intricata struttura informatica mai realizzata.

Diversi i vantaggi che questo nuovo chip 3D è in grado di offrire rispetto ai suoi predecessori. Prima di tutto, a livello di prestazioni: l'integrazione in un unico circuito della memoria di lavoro e dell'unità centrale di calcolo permette, infatti, di azzerare il collo di bottiglia che affligge gli attuali sistemi informatici. La differenza di velocità di funzionamento di CPU e RAM, infatti, fa sì che si debbano mettere in atto diversi stratagemmi di programmazione per riuscire a sfruttare a pieno le potenzialità della CPU. Il chip tridimensionale, invece, mette sullo stesso livello le due componenti, garantendo quindi un notevole miglioramento sul fronte delle prestazioni. L'utilizzo dei nanotubi di carbonio, inoltre, permette di abbattere le temperature produttive dei circuiti stessi: se la realizzazione degli attuali chip in silicio necessita di temperature vicine ai 1.000° C, per creare gli strati di nanotubi è sufficiente una temperatura di "appena" 200° C.  Per favorirne la commercializzazione, inoltre, gli scienziati statunitensi hanno progettato un chip 3D che fosse compatibile con le attuali architetture e infrastrutture informatiche: una volta che sarà terminata la fase di test e inizierà quella della commercializzazione, i chip tridimensionali potrebbero essere impiantati direttamente all'interno dei nostri PC, senza grossi problemi di adattamento.

Le leghe alternative

Nel frattempo, grandi nomi come IBM e Intel stanno investendo nello sviluppo di leghe alternative al silicio che possano garantire migliori prestazioni e maggiore resistenza al calore (o capacità di dissipazione superiore). I due candidati principali sono la lega al Silicio-Germanio e i metalli semiconduttori del III e V gruppo della Tabella Periodica: secondo gli esperti dell'International Technology Roadmap for Semiconductor i primi chip realizzati con questi nuovi materiali dovrebbero arrivare sul mercato ben prima del 2020.

 

Chip del futuro

 

Mobile first

Dal report dell'International Technology Roadmap for Semiconductor, inoltre, emerge che le novità legate alla fine della LEgge di Moore arriveranno prima su dispositivi mobili e dispositivi della smart home prima che possano trovare applicazione pratica in computer, laptop o desktop che siano. La riduzione del consumo energetico, almeno nella fase iniziale di sviluppo, sarà nell'ordine dei decimi di Watt: un valore poco significativo per computer con un consumo di diverse decine di Watt, ma tutt'altro che indifferente per braccialetti fitness che consumano una frazione rispetto a PC di varie forme e dimensioni.

 

13 novembre 2017

A cura di Cultur-e
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