I cambiamenti climatici sono ormai al centro del dibattito a causa del progressivo surriscaldamento globale causato dall’uomo e dalla sua incuranza. Secondo stime piuttosto accurate, l’immissione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera potrebbe portare nel giro di pochi anni a conseguenze catastrofiche per il nostro pianeta e per i suoi abitanti. Gli Accordi di Parigi del 2015 hanno visto la convergenza di 196 Stati del mondo, ma continuano ad essere puntualmente disattesi e l’obiettivo di limitare l’incremento della temperatura media globale a 1,5°C appare una chimera. Infatti, secondo recenti stime, nel corso di questo secolo potrebbe aumentare di addirittura 2,7°C.
Sembra che i leader mondiali non abbiano recepito il messaggio, dimostrandosi incapaci di pianificare e mettere immediatamente in atto un progressivo azzeramento delle emissioni di gas serra.
È anche necessario ridurre quelli presenti nell’atmosfera attraverso le cosiddette emissioni negative, ma al momento non sono state trovate soluzioni efficaci. Come si evince dagli ultimi report pubblicati da diverse istituzioni ed enti, la tendenza è esattamente opposta e ci si avvicina a grandi passi ad una crisi climatica senza precedenti, se non addirittura alla fine del mondo.
Per mettere in guardia le future generazioni (o civiltà) dal commettere gli stessi errori, è stata ideata una scatola nera della Terra, che ne monitora lo stato di salute. Il suo funzionamento è simile a quello dei dispositivi che troviamo a bordo di aerei e automobili per registrare tutte le informazioni in caso di incidenti e ha l'obiettivo di sensibilizzare sui cambiamenti climatici, tenendone traccia in modo preciso e puntuale.
Il supporto dei ricercatori dell’Università della Tasmania ha consentito di dare a questo disegno anche un valore scientifico. La scatola nera della Terra, infatti, funziona esattamente come il dispositivo da cui prendere il nome: registra una grande quantità di dati che dovrebbero rimanere intatti nel caso in cui si verificasse una catastrofe. In sostanza, sopravvivrebbe al genere umano per permettere alle future civiltà di conoscere ed evitare i nostri stessi errori.
Il suo aspetto richiama vagamente quello del monolite del film “2001: Odissea nello spazio”, in virtù della sua struttura in acciaio spigolosa con superfici lisce. In realtà, questo è soltanto il suo guscio che, con uno spessore di 7,5 centimetri, serve a proteggere quanto custodito al suo interno: tante unità di archiviazione con connettività ad Internet alimentate dai pannelli solari presenti sul tetto della struttura, con batterie integrate per fornire energia di riserva.
Ciò le permetterà di scaricare continuamente dati scientifici e raccogliere in rete tutte le informazioni relative al cambiamento climatico grazie ad un algoritmo dedicato.
Le future generazioni (o civiltà) sapranno con esattezza chi ha agito, chi è rimasto a guardare e chi ha aggravato la situazione.
“È lì per responsabilizzare i leader ed assicurarsi che la loro azione o inazione venga registrata”, ha chiosato Jim Curtis. Infatti, quando le persone sanno di essere registrate, inoltre, viene influenzato ciò che fanno e ciò che dicono.
L’obiettivo degli sviluppatori, infatti, è rendere la scatola nera capace di archiviare i dati per centinaia - o addirittura migliaia - di anni.
Per il momento, è possibile vederla soltanto in alcuni fotomontaggi, ma fra pochi mesi sarà difficile non notare questo strano ed imponente oggetto nel paesaggio desertico della Tasmania, dove spiccherà grazie alle sue dimensioni: una lunghezza di 10 metri, una larghezza di 4 metri ed un’altezza di 3 metri. Verrà posizionata su una pianura circondata dalle montagne della costa occidentale dello Stato australiano, poiché soddisfa i requisiti di stabilità geologica ma soprattutto geopolitica.
Qualcuno si sta già chiedendo come faranno le future civiltà a decifrare e a sfruttare le informazioni contenute nella scatola nera della Terra. Gli sviluppatori stanno già cercando una soluzione a questo problema, magari attraverso un lettore elettronico che si attivi in caso di esposizione alla luce solare. Le prossime generazioni, invece, dovrebbero essere in grado di accedervi tramite Internet ed una piattaforma dedicata.