Quante volte vi è capitato di parlare con un amico e dire "Non ci crederai mai, ma lo smartphone si è rotto pochi giorni dopo la scadenza della garanzia" (al posto di smartphone potete ovviamente inserire qualunque altro dispositivo elettronico, dal televisore al computer, passando per elettrodomestici vari). Ecco, quella rottura così "tempestiva" potrebbe anche non essere del tutto casuale, ma frutto di una pratica industriale conosciuta con il nome di obsolescenza programmata.
E potrà sembrarvi anche strano, ma tutto inizio per una lampadina (a incandescenza) che durava troppo. Era il 23 dicembre 1923 e i produttori mondiali di lampadine decisero che i loro prodotti avevano una vita troppo lunga e loro un margine di profitto troppo esiguo. Trovarono quindi un accordo per accorciare artificialmente la durata delle lampadine, portandola a circa 1.000 ore dalle precedenti 2.500 ore. Quello che passò alla storia come accordo Phoebus o Cartello Phoebus (anche se qualcuno parla di complotto delle lampadine) fu la prima occasione in cui si parlò di obsolescenza programmata.
L'obsolescenza programmata è quella politica industriale volta alla definizione del ciclo di vita (durata) di un prodotto così da renderne la vita utile limitata a un periodo prefissato. L'obsolescenza può essere intesa in due modi: reale e percepita. Nel primo caso il prodotto smette di funzionare dopo un determinato periodo di tempo e si è costretti a cambiarlo; nel secondo, invece, i produttori inducono il consumatore a cambiare il proprio dispositivo (smartphone, tablet, televisore, lavatrice, ecc.) presentando nuovi modelli dotati di nuove funzioni e caratteristiche – apparentemente – migliori.
La tendenza all'invecchiamento precoce non è, purtroppo, un'esclusiva dei prodotti e gadget telefonici. Si può parlare di obsolescenza programmata anche nel campo della moda (basti pensare alle sfilate e alle collezioni semestrali), in quello dell'editoria (nello specifico nell'editoria scolastica, con i libri di testo aggiornati annualmente) e in quello automobilistico.
Nonostante la definizione di che cos'è l'obsolescenza programmata possa apparire anche intuitiva, riuscire a cogliere un'azienda "con le mani nel sacco" è tutt'altro che semplice. Nessuno (o quasi) ammetterà mai che ha progettato e realizzato un dispositivo che si rompa pochi mesi dopo il suo utilizzo. Nonostante ciò, la storia degli ultimi 100 anni ci offre diversi "spunti di riflessione" su come funziona l'obsolescenza programmata.
Tutto nasce, come detto, nella prima metà degli Anni '20 dello scorso secolo, quando i produttori di lampadine si accordano per creare delle lampadine a incandescenza che si rompessero in metà del tempo rispetto a quanto accaduto sino ad allora (nel giro di qualche anno la vita media di una lampadina passò da 2.500 a 1.000 ore), ma non è l'unico cosa. Nel 1933, nel pieno della Grande Depressione, l'immobiliarista americano Bernard London propone di istituire l'obsolescenza programmata per legge, così da incentivare consumi e produzione e uscire dalla crisi che attanagliava il mondo. In quegli stessi anni, gli ingegneri dell'industria chimica DuPont scoprono il nylon e lo utilizzano per produrre calze da donna molto più resistenti di quelle in seta utilizzate sino ad allora. Le calze hanno, però, un grande problema: durano troppo e i vertici DuPont incaricano i loro tecnici di indebolire la fibra, in modo che i loro affari non ristagnassero fino alla chiusura degli impianti produttivi.
Di esempi di obsolescenza programmata "conclamata" ne abbiamo anche ai giorni nostri. Nel 2003 Apple viene accusata di produrre batterie per gli iPod destinate a rompersi dopo pochi mesi d'utilizzo – tra gli 8 e i 10 mesi, nello specifico – così da costringere gli utenti ad acquistare un nuovo lettore mp3. Diverse associazioni di consumatori citano Apple in tribunale, con l'azienda allora diretta da Steve Jobs che preferisce trovare un accordo tra le parti prima che il processo arrivi a sentenza.
Pur non potendo fare molto, gli utenti-consumatori possono mettere in atto alcuni trucchi per difendersi dall'obsolescenza programmata.
Nel frattempo, anche gli organi legislativi di varie nazioni, Italia inclusa, si stanno attivando per promuovere delle norme che limitino e scoraggino politiche industriali votate all'obsolescenza programmata. Nel nostro Paese ci sono due proposte di legge, entrambe ferme alla Camera dei Deputati, che vogliono regolamentare l'obsolescenza programmata: la prima prevede che i pezzi di ricambio siano disponibili fino a cinque anni dopo che i dispositivi non sono più prodotti; la seconda vuole l'estensione del periodo di garanzia a cinque e dieci anni a seconda se l'oggetto sia di grandi o piccole dimensioni. In Francia una legge del genere è stata approvata nel 2015 e ha portato, nel gennaio 2018, all'indagine nei confronti di Apple per gli iPhone lenti.
11 gennaio 2018