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Overload da Rete, rischi e pericoli all'agguato

Web addiction, sovraccarico di mail e iperlavoro: come venirne fuori?

 

A quanto pare manager, ingegneri e sviluppatori della Silicon Valley iniziano a interrogarsi sugli effetti collaterali delle loro creazioni. Anche se non esistono ancora studi certificati sulla materia, è appurato che alcune attività on line generino forme di assuefazione e dipendenza, rendendo difficile a chi vi è coinvolto disconnettersi dal “cordone ombelicale” della Rete.

 

Iniziano così a diffondersi forme di cura e prevenzione della internet addiction. Negli Usa, aziende leader del settore, come Twitter eGoogle, organizzano corsi di meditazione e seminari di pensiero consapevole per i loro dipendenti. Da una paio d’anni poi, i responsabili delle grandi multinazionali americane del Web si ritrovano per la conferenza Wisdom 2.0 (il prossimo appuntamento è previsto dal 21 al 24 febbraio 2013 a San Francisco), dedicata ai temi dell'equilibrio fra vita personale e nuove tecnologie.

 

Anche in Italia stanno nascendo piccole e grandi realtà come Slow Communication, un movimento che si propone di promuovere un consumo responsabile dei nuovi strumenti di comunicazione. Si ispira ai più celebri Slow Food e Cittaslow, due pionieri di questo tipo di filosofia, e il suo obiettivo è quello di diffondere anche in Italia una nuova cultura digitale, una nuova alfabetizzazione mediatica e una nuova etica intellettuale fondata sulla ricerca di un equilibrio sostenibile tra la velocità e l’immediatezza del web e il pensiero lento, lineare e approfondito.

 

Rallentare il passo è anche l'obiettivo di Slow Web, movimento in fieri le cui linee guida sono state teorizzate dall'esperto di comunicazione Giorgio Fontana. “Vorrei chiamare Slow Web – scrive Fontana nel manifesto di Slow Web - un approccio un po’ dissacrante di accoglimento delle novità tecnologiche. […] occorre chiedersi se sono necessarie o meno le proposte incalzanti della tecnologia, se sono veri o meno gli scenari che l'informazione hi-tech ci propone. […] Se ogni volta che deleghiamo una parte delle nostre incombenze operative ad una tecnologia nuova, rinunciamo ad una parte emotiva del nostro Io".

 

28 agosto 2012

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