Capita di vederli sempre più spesso su manifesti e flyers promozionali e pubblicitari. Oppure su sticker attaccati un po' ovunque. Per non parlare, poi, delle confezioni e degli imballaggi contenenti alimenti e altri beni e oggetti di consumo. E, anche se a una prima occhiata possono somigliare a delle piccole opere di arte contemporanea e astratta, sono degli strumenti di tracciamento industriale e commerciale. Stiamo parlando dei QR code, piccoli codici bidimensionali che sono ormai "fuoriusciti" dalle fabbriche e impianti produttivi vari per approdare sui social e sui nostri smartphone.
I QR Code (acronimo di Quick Response code, "Codice a risposta rapida" in italiano) sono dei piccoli simboli bidimensionali e possono essere considerati come dei supporti per l'archiviazione di piccole quantità di dati o informazioni. Inventati come alternativa ai codici a barre, inizialmente sono utilizzati per tracciare materiali e prodotti all'interno di magazzini e aziende: la loro sequenza di quadrati bianchi e neri doveva permettere di identificare velocemente, grazie a un apposito lettore, cosa si trovasse all'interno dell'imballaggio, a cosa servisse e a quale reparto fosse destinato.
Nonostante possano sembrare "insignificanti", in quel piccolo quadratino sono compresse moltissime informazioni. I QR code possono, infatti, immagazzinare fino a 7.089 caratteri numerici, 4.296 caratteri alfanumerici, 2.953 byte e 1.817 ideogrammi giapponesi (Kanji). Numeri irraggiungibili per qualsiasi codice a barre. Mentre i quattro quadratini presenti agli angoli del codice servono a stabilirne l'orientamento e l'angolazione (e vengono utilizzati dai lettori per capire se il codice è dritto o meno), i pixel neri e bianchi che si alternano all'interno dell'area del quadrato convogliano fisicamente tutte le informazioni.
Inizio Anni '90 del XX secolo. Denso Wave, azienda giapponese che fornisce a Toyota pezzi e parti per le sue automobili, è alla ricerca di una modalità di tracciamento alternativa ai codici a barre, capace di garantire velocità di lettura/scansione e che, allo stesso tempo, potesse essere utilizzata su una grande quantità di oggetti o prodotti. Dopo mesi di studio e prove, i tecnici della società nipponica sembrano aver trovato la soluzione al loro dilemma: dei piccoli quadratini bicromatici (solitamente bianco e nero, ma nulla vieta di utilizzare altre colorazioni al posto del nero) con al loro interno una serie di altri quadratini disposti apparentemente in maniera casuale e caotica. È il 1994 e, per la prima volta, i QR code sono utilizzati all'interno di un impianto produttivo della Denso Wave. Da allora, nonostante delle piccole modifiche e degli "aggiustamenti" dettati dal tempo, i codici QR sono rimasti di fatto immutati.
Con il passare degli anni, le funzioni cui i QR code sono destinati sono cambiate profondamente. Pur essendo ancora oggi utilizzati all'interno dei magazzini e aziende (come "previsto" originariamente), sono sempre di più le società e le startup della Silicon Valley che utilizzano i codici QR come mezzo di comunicazione o informativo. Facebook, Twitter e Snapchat, tanto per fare tre esempi, creano dei QR code univoci che permettono agli utenti di scambiare l'amicizia o aggiungere contatti senza conoscere il nome della persona e senza perdere troppo tempo in ricerche varie (spesso inconcludenti).
I codici QR sono molto utilizzati anche all'interno di musei o città turistiche per fornire informazioni ai visitatori: basta una scansione con lo smartphone per leggere la storia di un quadro o di un monumento o scaricare un brano dell'audioguida digitale.
Le loro dimensioni, inoltre, li rendono dei mezzi ideali per veicolare messaggi pubblicitari o inviti a eventi di qualunque genere. Basta inserire il codice su una confezione o imballaggio o all'interno di un volantino pubblicitario per far sì che chiunque sia dotato di uno smartphone possa accedere a informazioni supplementari sul prodotto, scaricare coupon e buoni sconto o confermare la propria presenza a un party.
Se nei primissimi anni di vita l'utilizzo dei QR code era a "uso e consumo" di aziende per tracciamento e comunicazioni interne, oggi chiunque può utilizzarli (come abbiamo parzialmente visto) per veicolare dati e informazioni di qualunque genere. Per questo motivo è sempre più facile trovare siti web o app che permettono di creare QR code in maniera quasi istantanea.
Discorso analogo per quel che riguarda i lettori. Inizialmente a disposizione solo degli addetti ai magazzini o al "transito merci", oggi tutti gli smartphone - o quasi - integrano di default un lettore QR code all'interno della loro dotazione app. Solitamente, infatti, l'applicazione fotografica dello smartphone permette agli utenti di leggere QR code e accedere al loro "messaggio nascosto": basta inquadrare il codice, aspettare qualche secondo e il gioco è fatto. Se così non dovesse essere, basta installare una delle tante app per leggere codici QR presenti nei vari store.
Se il presente è radioso, altrettanto non sembra potersi dire per il futuro. La tecnologia, nonostante si stia diffondendo solamente ora, è un po' anzianotta essendo da poco divenuta maggiorenne. E per questo fa fatica a fronteggiare con successo le sfide che gli arrivano da avversari agguerriti e più "giovani" come l'NFC e RFID. Inoltre, anche a livello commerciale e pubblicitario, i QR code stanno iniziando a mostrare qualche limite, come ad esempio l'impossibilità di risalire direttamente a dati come l'età o la provenienza geografica di chi visualizza il codice. Dati fondamentali in una campagna marketing vincente.