Che la passione tra gli italiani e l'alta tecnologia sia sbocciata in ritardo rispetto alle altre nazioni occidentali è, in qualche modo, confermato da varie statistiche. Nei report trimestrali redatti da Akamai, tanto per fare un esempio, il nostro Paese è sempre nelle ultime posizioni per quanto riguarda la velocità di connessione, mentre il numero di italiani connessi a Internet sembra non riuscirsi a schiodare da quota 20 milioni (secondo un rapporto Istat, il 40% circa della popolazione italiana non si è mai connessa a Internet). Tendenza confermata anche dall'Unione Europea: il nuovo indice continentale che misura i livelli di diffusione del digitale nei Paesi membri (tenendo conto di fattori quali la diffusione della banda larga, l'uso di Internet, e-commerce, e-government, uso del cloud ma anche consumo di film e giornali online) vede l'Italia negli ultimi posti, con valutazione nettamente al di sotto della media.
E, restando sempre in ambito digitale europeo, l'Italia può "vantare" una delle percentuali più basse di popolazione in grado di utilizzare un linguaggio di programmazione. Secondo i dati diffusi da Eurostat (Istituto statistico europeo) appena il 9% della popolazione italiana possiede le conoscenze basilari del programmatore e sarebbe in grado di sviluppare un software o un'app (contro la media dell11% dei Paesi dell'Unione); tra i giovani (16-29 anni) la percentuale sale al 17% ma non c'è da stare allegri: in Paesi come Finlandia e Svezia la percentuale viaggia attorno al 40%.
Un vero e proprio peccato, dal momento che il programmatore sarà (o dovrebbe essere) il lavoro del futuro. Secondo il portale Code.org, entro il 2020 nei soli Stati Uniti ci sarà bisogno di 1 milione di nuovi programmatori (400mila programmatori formati dalle università contro 1,4 milioni di posti di lavoro disponibili): un'opportunità da 500 miliardi di dollari che pochi potrebbero cogliere. Trovare lavoro nel campo della programmazione informatica, insomma, non dovrebbe essere un grosso problema.
Conoscere i linguaggi di programmazione (da C a Basic, da Pascal a Ruby, da PHP a Java sino ad arrivare ai nuovi Swift e Wyvern) potrebbe tornare molto utile in ambito lavorativo a prescindere dalla professione che si vuole svolgere. Saper programmare, infatti, implica la conoscenza di determinate strutture informatiche e tecnologiche (oltre che una forma mentis molto particolare) che potrebbero aprire le porte di qualunque lavoro. Così, imparare a programmare potrebbe essere la scorciatoia che si sta cercando per trovare lavoro.