Per anni, anzi per decenni, l'intuito dei grandi protagonisti, allenatori e manager, ha guidato il gioco del calcio. Ma l'intuito può condurre ad interpretazioni errate, e come in un effetto domino un'interpretazione errata determina scelte errate che implicano risultati negativi; la rivoluzione dei big data sta tutta qui: evitare il maggior numero di scelte errate, con ripercussioni positive a catena su tutti gli altri passaggi.
Il calcio di oggi - ma anche quello di ieri - non può più prescindere dai big data. L'apporto di machine learning ed elaborazioni correlate è recente ma non recentissimo.
Risale al 2013 il libro diventato poi un best seller The Numbers Game: Why Everything you know about Football is Wrong, Il gioco dei numeri: perché tutto quello che sai sul calcio è sbagliato, il quale rende di dominio pubblico un'innovazione che nel momento della pubblicazione del libro aveva già cessato di essere una novità assoluta.
Il principio di azione che guida Opta ma anche Stats - probabilmente i più grandi database di statistiche sportive - è, nei fatti, banale: raccogliere quanti più dati possibile.
Esistono poi due categorie principali all'interno delle quali confluiscono: la raccolta degli avvenimenti di gioco - in pratica tutti i tocchi palla e le decisioni arbitrali - ed il tracciamento di ogni movimento di ciascun calciatore in campo, il che permette di dedurre distanza percorsa e velocità. Quello di cui sono capaci queste aziende non ha praticamente limiti, perché riescono a raccogliere dati da partite di calcio potenzialmente di qualsiasi epoca: è sufficiente che sia stato trasmesso in TV. Si può intuire facilmente come la quantità di dati che ne deriva sia letteralmente enorme.
Già, perché la preparazione dei match è già in mano ai big data.
Antonio Gagliardi, Head of Match Analysis per la nazionale di calcio italiana, ha ammesso che essi "hanno già un ruolo dominante nella preparazione fisico-atletica: tutti gli allenamenti sono monitorati, così come le partite; alimentando un database collettivo e individuale di chilometri percorsi, accelerazioni, potenza metabolica. Questi dati sono utilizzati quotidianamente per capire i diversi carichi di lavoro a cui sottoporre i diversi giocatori in squadra". Alcune scelte sono dunque caldeggiate dalle statistiche e dai big data, ed anche se la scelta finale è sempre "umana" hanno contribuito a regalare un tocco di scienza ad uno sport come il calcio che è contraddistinto dalla casualità degli eventi.
Il risultato è che se in precedenza da una partita venivano fuori tre o quattromila informazioni, adesso se ne cavano quattro milioni visto che è possibile tracciare più volte al secondo la posizione di tutti e ventidue i calciatori all'interno del rettangolo verde. E dalla conta sono esclusi i dati estrapolati dalle sessioni di allenamento, quelli su nutrizione, grado di idratazione, carico di lavoro, eccetera.
"Storicamente è mancata ai team la capacità di analizzare e comprendere quei dati", ha dichiarato un addetto ai lavori. Non è semplice neppure adesso: con la mole di dati attualmente disponibili la vera sfida è isolare ciò che è rilevante e ciò che invece non lo è. "Siamo pieni di dati, e la vera sfida è trovare ciò che è davvero rilevante", ha confessato l'allenatore dell'Inghilterra Southgate. “In molti altri sport, se fai X, Y, Z, vinci. Nel calcio abbiamo incontri a basso punteggio caratterizzati da molti eventi casuali".