Non appena la connettività alla Rete è divenuta ampiamente disponibile a una velocità accettabile e con una latenza sufficientemente bassa, fornitori di servizi di ogni genere hanno iniziato a offrire prodotti scalabili e on-demand che potessero essere "consegnati" attraverso queste connessioni. Molti osservatori fanno coincidere l'inizio dell'era del cloud computing con il momento in cui le prestazioni di Internet consentono a fornitori e utenti di poter utilizzare la rete delle reti per usufruire di servizi prima disponibili solo "in loco".
E non è un caso che per molti questa era inizi nel 1999, quando Marc Benioff fonda Salesforce e inizia a fornire software gestionali come fossero un servizio (in gergo tecnico, Software-as-a-service o SaaS) e accessibili direttamente dal web. Oggi ci sono centinaia e centinaia di fornitori che mettono a disposizione di aziende di ogni dimensioni non solo software, ma anche piattaforme e addirittura infrastrutture accessibili via Internet e "noleggiabili" a seconda delle proprie necessità.
Insomma, da quel 1999 ne è stata fatta di strada e oggi il mondo del cloud computing si regge su tre diversi pilastri: il già citato Software-as-a-service (o SaaS), Platform-as-a-service (o PaaS) e Infrastructure-as-a-service (o IaaS). Ognuno dei pilastri prevede un diverso livello di "virtualizzazione" delle risorse, sia software che hardware.
I vantaggi principali che il modello "as-a-service" fornisce agli utenti finali sono i più vari. Si va da una diminuzione dei costi di gestione della dotazione informatica dell'azienda (sia a livello hardware e infrastrutturale, sia a livello software) alla possibilità per imprese di ogni dimensioni di accedere a servizi che, altrimenti, sarebbero troppo costosi e "irraggiungibili". A questi si aggiungono la scalabilità dei servizi a seconda delle necessità dell'azienda, l'implementazione più veloce di nuove soluzioni software o infrastrutture hardware e la possibilità di dedicare personale prima impiegato nella gestione dell'IT aziendale ad altre mansioni.
Ovviamente, un tale modello può avere anche dei lati negativi. Si pensi ai possibili disservizi dovuti alla mancanza di linea Internet (senza connessione, i vari Iaas, PaaS e SaaS sono inutilizzabili), alle conseguenze di eventuali attacchi hacker, costi nascosti e molto altri.
Il successo del modello "as-a-service" – sia economico, sia tecnologico – ha spinto sempre più fornitori a creare nuove tipologie di servizi che possono essere fruite attraverso la Rete. Ci si sta spostando verso un nuovo modello, definito dall'acronimo XaaS, nel quale la "X" può essere sostituita da qualunque altra lettera o combinazione di lettere. Si tratta del cosiddetto modello Everything-as-a-service (o Anything-as-a-service), traducibile in italiano con "Tutto-come-servizio": a poter essere virtualizzati e fruiti attraverso la Rete sono lo spazio di archiviazione, servizi di sicurezza informatica o addirittura porzioni di rete e computer desktop.
Il trend dello XaaS si lega a doppio filo allo sviluppo dell'Internet of Things e dell'Internet of Everything, fornendo la base infrastrutturale e software che rende possibile la connessione tra oggetti di ogni tipo e la loro gestione da remoto attraverso piattaforme web accessibili con una semplice connessione a Internet.
Negli ultimi anni, dunque, ai classici IaaS, PaaS e SaaS si sono affiancati nuovi servizi che permettono alle aziende di virtualizzare pezzi della loro "dotazione informatica" sia infrastrutturale sia software.
3 aprile 2018