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Beta test e i suoi "fratelli": cosa sono e quando si usano

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Sempre più aziende aprono le porte dei loro programmi di test delle app agli utenti, ma cosa c'è dietro il beta testing e perché è così importante?

Da quando esiste il software commerciale esistono anche le versioni "beta", termine oggi abbastanza mainstream ma che in pochi conoscono approfonditamente. Si fa presto, infatti, a dire "beta" ma, in realtà, dietro questa parola c'è un vero e proprio universo di significati anche gli utenti comuni dovrebbero iniziare a conoscere.

Soprattutto perché molti sviluppatori software, e persino i giganti del Web, oggi hanno dei programmi di beta testing (a volte chiamati "Insider Program", come nel caso di Microsoft Windows) tramite i quali permettono a molte più persone che in passato di provare versioni delle app o dei sistemi operativi a dir poco precoci e, sicuramente, molto lontane dalla versione definitiva (detta anche "stabile").

Ecco, allora, cosa vuol dire realmente "versione beta".

Alfa, Beta e Gamma

Sono le prime tre lettere dell'alfabeto greco e, convenzionalmente, indicano lo stadio di sviluppo di un software. L'Alfa Testing è di solito qualcosa di inaccessibile agli utenti comuni: viene fatto all'interno della software house e i tester sono gli stessi dipendenti.

Il Beta Testing è la prima fase di test nella quale vengono coinvolti gli utenti, allo scopo di testare le novità del software in condizioni di utilizzo reali, da parte di utenti reali, in modo da replicare il più possibile quella che sarà l'esperienza d'uso del software definitivo, una volta lanciato sul mercato in versione stabile.

Il Gamma Testing è l'ultimo passo prima della versione stabile. Un tempo era un passaggio obbligato nel mondo del software, ma oggi è qualcosa di praticamente abbandonato: lo sviluppo corre troppo, non c'è più tempo.

A che serve realmente il Beta Testing

A dire il vero, il beta testing in cerca di bug non viene fatto solo alle applicazioni desktop e mobili e ai sistemi operativi: anche l'hardware può essere sottoposto a beta test, lo si fa ad esempio per gli smartphone e le console da gioco ma, in questo caso, i tester sono altamente selezionati e molto spesso soggetti ad obbligo di riservatezza.

Lo scopo del beta testing è sempre lo stesso: verificare se nella versione beta ci sono bug, innanzitutto, e assicurarsi che tale versione sia funzionale, in seconda battuta

Molte volte, infatti, capita che alcune funzioni o caratteristiche di un prodotto hardware o di un software vengano ritirate in una successiva versione, perché si sono rivelate poco funzionali (basti pensare alla touch bar dei MacBook Pro, sparita nei modelli 2021 da 14 e 16 pollici).

Altro aspetto da testare molto bene prima di lanciare un aggiornamento, poi, è la sua compatibilità con il parco hardware e gli ecosistemi software esistenti. Basti pensare alle app per Android o PC Windows, che devono funzionare bene su migliaia di configurazioni hardware diverse, sulle quali può essere stato già installato di tutto e che possono avere tantissime versioni dello stesso sistema operativo.

Il caso studio: WhatsApp Beta

C'è un'app che, da sola, ci aiuta a capire come funziona e a cosa serve il beta testing: WhatsApp. L'app di messaggistica più diffusa al mondo, infatti, ha un canale di sviluppo (in realtà sono due: uno per iOS e l'altro per Android) dedicato ai soli beta tester. Si tratta di un canale a numero chiuso: da anni è possibile entrarci solo se qualcuno ne è uscito.

Sempre più spesso leggiamo che WhatsApp sta lavorando a qualche nuova funzione, che è stata rilasciata in versione beta. Ciò vuol dire che tale versione è stata inserita nell'ultima app rilasciata ai beta tester, ma che non c'è ancora in quella stabile e per tutti.

Moltissime volte, però, le funzioni rilasciate in beta poi non arrivano sull'app ufficiale oppure arrivano dopo mesi, se non addirittura anni. Altrettante volte queste funzioni vanno e vengono da una versione beta all'altra: prima vengono rilasciate, poi spariscono dalla versione successiva, poi ritornano uguali o diverse in una successiva versione beta.

Questo flusso apparentemente incomprensibile, in realtà, è proprio il classico flusso del beta testing: le funzioni vengono testate e poi ritirare una volta raccolti i feedback dai tester. Magari al 95% degli utenti una specifica novità non ha dato alcun problema, ma al restante 5% dei tester ha creato problemi.

WhatsApp ha oltre 2 miliardi di utenti nel mondo e il 5% di 2 miliardi vuol dire 100 milioni di utenti

Decisamente troppi per pubblicare tale funzione nella versione stabile dell'app, WhatsApp verrebbe travolta dalle critiche anche se quella novità funziona benissimo per 1,9 miliardi di utenti.

Per questo WhatsApp, in casi del genere, ritira la funzione problematica e si rimette al lavoro per migliorarla. Ma non è detto che ci riesca, o che voglia riuscirci: per far funzionare una novità su tutti gli smartphone in tutto il mondo, infatti, potrebbe essere necessario modificarla talmente tanto da snaturarla.

Allora la funzione sparisce per un po', per poi tornare quando ci sono le condizioni tecniche affinché essa funzioni bene sul numero più alto possibile di dispositivi.

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