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IBM, la storia

Poche società possono vantare un passato lungo tre secoli come la IBM. Ecco la storia dell'azienda pioniera nel campo dell'informatica

IBM

La storia della IBM inizia attorno al 1880 con la fondazione della Tabulating Machine Company da parte di Herman Hollerith. Questa società, con sede a Washington D.C., era nota soprattutto per la sua capacità nel realizzare macchine tabulatrici che funzionavano con schede perforate. Grazie a questo sistema, ad esempio, il censimento generale degli Stati Uniti del 1890 venne completamente automatizzato e i risultati arrivarono nel giro di un paio di anni, anziché dopo un intero decennio come accadeva precedentemente.

La Tabulating Machine Company rappresentò il fulcro della Computing-Tabulating-Recording (CTR), società nata nel novembre 1911 dalla fusione dell'azienda fondata da Hollerith con la International Time Recording Company e la Computing Scale Company.

Thomas J. Watson Sr.

Uno degli eventi più significativi per la storia della CTR fu l'assunzione nel 1914 di Thomas Watson Senior in qualità di General Manager. Watson, ex venditore di successo e uomo d'affari, focalizzò la sua attenzione nel creare l'immagine di una società vincente e attenta ai particolari. Sotto la sua direzione – Watson divenne presidente nel 1915 – la Computing-Tabulating-Recording incrementò il suo volume d'affari puntando su forti incentivi alle vendite, su una diffusa assistenza ai clienti e un fervore evangelico nel far sentire tutti i dipendenti parte di una squadra e orgogliosi di farne parte.

Al momento del suo ingresso, la CTR contava circa 1.500 dipendenti e un fatturato di poco superiore ai 4 milioni di dollari: dopo un decennio di cura-Watson, la società si era trasformata in una multinazionale con stabilimenti produttivi e sedi tanto in America del Sud quanto in Europa. Il numero di dipendenti era lievitato a circa 4.000, mentre il fatturato era più che triplicato e veleggiava verso i 13 milioni di dollari.

International Business Machine Corporation

Un'altra svolta si registrò nel 1924, al decennale dell'arrivo di Thomas Watson nell'azienda. Il consiglio di amministrazione, sotto indicazione del Presidente, decise di cambiare nome da Computing-Tabulating-Recording in International Business Machine, abbreviato in IBM, per meglio riflettere la realtà e le aspirazioni della società. Sin dall'inizio, IBM scelse di non poter essere identificata da singole strategie commerciali o dalla produzione in serie di un singolo prodotto. IBM era piuttosto uno stile di vita, un modo di pensare: l'agire della società e dei suoi dipendenti doveva essere contraddistinto da valori ben precisi, che precedevano di molto il mero conseguimento di risultati produttivi, economici e finanziari.

Non è un caso, quindi, che la IBM giocò un ruolo primario nel corso degli anni della Grande Depressione. Da un lato, divenne una delle principali aziende fornitrici del Governo centrale statunitense, dall'altro, la società continuò nella sua politica di assunzioni ed espansioni, aprendo nuove linee produttive e rimpolpando il suo organico con tecnici e ingegneri di grande valore. Questa sinergia raggiunse il suo acme nel 1935, quando il Congresso promulgò il Social Security Act, da molti definita la più grande operazione contabile di tutti i tempi. Per tenere traccia dei 26 milioni di cittadini statunitensi che usufruirono dei servizi di welfare garantiti da questa legge, il Governo statunitense si affidò alle macchine tabulatrici dell'IBM.

Per molti analisti del tempo, Watson aveva azzardato troppo con la sua politica espansionistica nel corso degli anni più duri della Grande Depressione; lui stesso definiva quella operazione come una grande scommessa sul futuro della società. Una scommessa vinta, che ripagò con un ampio dividendo.

Nel frattempo, nel 1927 nacque IBM Italia. La sede operativa venne stabilita a Milano e la multinazionale statunitense iniziò a cooperare con nomi importanti del mondo finanziario italiano.

Seconda Guerra mondiale

In appena un decennio, IBM era ormai uno dei principali attori economici e finanziari in tutto il mondo. Nel 1935 la società contava quasi 9 mila dipendenti e un fatturato largamente superiore ai 20 milioni di dollari, con sedi in quasi tutte le nazioni europee.

E lo scoppio della Seconda Guerra mondiale non impedì alla controllata tedesca di continuare a fare affari con il governo Nazista. Di fatto, però, le sussidiarie tedesche erano controllate direttamente dai gerarchi nazisti e vennero ufficialmente (e legalmente) dismesse nel 1941, all'indomani dell'attacco di Pearl Harbor. Da quel momento in poi, IBM divenne uno strumento operativo quasi completamente nella mani del Governo statunitense. I calcolatori a schede perforati prodotti da IBM vennero utilizzati massicciamente dagli scienziati coinvolti nel progetto Manhattan, che portò allo sviluppo delle due bombe atomiche lanciate sul Giappone.

 

L'Harvard Mark I

 

Non solo: durante la guerra IBM sviluppò il suo primo computer elettromeccanico, l'Harvard Mark I, che trovò largo impiego nelle operazioni della marina USA. La guerra fu un toccasana per le casse dell'azienda, che portò il fatturato a 138 milioni di dollari e arrivò a impiegare quasi 19 mila dipendenti.

Il secondo dopo-guerra

A questo punto, però, la IBM si trovò a fronteggiare una situazione piuttosto complicata. Le commesse legate alla guerra le avevano permesso di crescere in maniera smisurata. Non c'era nessuna certezza che la società potesse reggere questo peso una volta che la guerra fosse terminata.

Nel 1956 Thomas Watson Sr. morì e il suo posto venne preso da Thomas Watson Jr., il più vecchio dei figli del padre fondatore della IBM, già presidente dal 1952. A voler essere cattivi, questa fu una grossa fortuna per la società. Il più giovane dei Watson ristrutturò immediatamente il board dirigenziale dell'azienda, creando una struttura snella e moderna, che gli garantì la possibilità di controllare più agevolmente una società in forte espansione. IBM divenne uno degli attori principali nel nascente settore dell'informatica digitale, affermandosi come partner privilegiato del Governo statunitense nel creare una rete di difesa aeree computerizzata.

Nel 1954 la IBM prese le redini del progetto SAGE e iniziò a collaborare con alcuni dei laboratori di ricerca più avanzati nel campo dell'informatica. L'azienda ebbe così la possibilità di entrare in possesso dei progetti del MIT sul primo computer digitale della storia e di lavorare allo sviluppo di componenti fondamentali come nastri di memoria magnetici, sistemi operativi sempre più avanzati, periferiche video, linguaggi di programmazione algebrici e trasmissione di dati su linee telefoniche digitali. L'IBM sviluppò 56 computer per il sistema di difesa area e per ognuno di essi ottenne 300 milioni di dollari. Al culmine del suo sviluppo, questo progetto impiegava circa 7.000 dipendenti. Non solo, perché le pionieristiche ricerche portate avanti nel corso di questi anni permisero all'azienda di avere un notevole vantaggio tecnologico nel momento in cui l'informatica iniziò a diffondersi a livello casalingo.

L'era del System/360 e il decennio d'oro

A metà anni '60 IBM tentò l'ennesimo azzardo, lanciando sul mercato la famiglia di calcolatori elettronici digitali System/360, la prima a utilizzare software intercambiabili e periferiche. Per Fortune si trattava di un azzardo da 5 miliardi di dollari, che avrebbe potuto rappresentare la pietra tombale della società nel caso in cui l'intuizione si fosse rivelata errata.

 

Il System/360

 

Così non fu: il System/360 fu un successo tecnologico e commerciale e nel giro di appena 2 anni, divenne il sistema mainframe dominante sul mercato. In appena un decennio, la società era passata da un fatturato di 1,6 miliardi di dollari (1960) a un fatturato di 7,5 miliardi di dollari (1970), con un organico di circa 300 mila dipendenti.

L'era del Personal Computer

Dopo un periodo difficile sotto il punto di vista tecnologico – coinciso sostanzialmente con tutti gli anni '70 – IBM tornò a far parlare di sé nel 1981 con il lancio dell'IBM PC, primo micro-computer "casalingo" dell'azienda statunitense. Si trattava di un sistema che racchiudeva, in un'unità tutto sommato piccola per gli standard dell'epoca, tutto ciò di cui si aveva bisogno in ambito small business e casalingo. Al prezzo base di circa 1.600 dollari, l'utente poteva avere un dispositivo dotato di 128 kbyte di memoria, due lettori floppy disk e un monitor a colori (opzionale). Senza contare il prestigio del marchio IBM, naturalmente. Il tutto "confezionato" da una suite di software di tutto rispetto.

 

L'IBM PC, primo personal computer di IBM

 

Ma gli anni '80 in casa IBM sono stati contraddistinti da importanti investimenti nella ricerca e sviluppo di nuovi componenti e materiali. Ciò permise di realizzare un network di ricerca di importanza mondiale, che diede modo agli scienziati coinvolti di conquistare ben 4 Nobel per la fisica.

Gigante dalle gambe d'argilla

Ben presto, però, IBM perse la sua leadership nel settore dei micro-computer. Abbbastanza inspiegabilmente, la dirigenza decise di "appaltare" lo sviluppo delle componenti hardware e software a società esterne, come Intel e Microsoft. Naturalmente, dovette condividere con loro anche tutti i risultati delle ricerche effettuate negli ultimi anni, concedendo a due potenziali concorrenti un vantaggio incredibile.

Nel frattempo, la struttura operativa si era ingrandita a tal punto da essere diventata insostenibile. Nel 1985, a fronte di un fatturato di 50 miliardi di dollari, IBM contava oltre 400 mila dipendenti sparsi in tutto il mondo. Gli utili operativi si ridussero di un terzo nel giro di pochissimi anni, passando dai circa 5 miliardi di metà anni '80 agli "appena" 3 miliardi di fine anni '90. Anche per propri demeriti, IBM aveva perso il treno dei PC casalinghi a basso costo, entrando in un tunnel dal quale non si sarebbe più ripresa. Nel 1993 il consiglio di amministrazione annunciò una perdita operativa di 8 miliardi di dollari per l'anno finanziario 1992. Il peggior risultato mai fatto registrare da una società statunitense.

Gli anni della rinascita

Per rimediare a questo disastro – la società era sull'orlo del fallimento – venne chiamato Luis V. Gerstner, primo CEO della storia a essere reclutato al di fuori dei quadri dirigenziali di IBM. Il primo obiettivo che il nuovo amministratore delegato si prefisse fu, naturalmente, quello di rimettere a posto i conti. Ma il vero obiettivo era quello di ristabilire il buon nome della società.

 

Il Thinkpad 700c, primo laptop di IBM

 

Nel 1992 venne presentato il primo modello di Thinkpad, la linea di laptop di IBM, mentre altre linee produttive con basso margine di guadagno vennero dismesse. IBM tornò a investire anche nel settore software, acquistando la Lotus Development (e la sua suite di applicativi d'ufficio Lotus SmartSuite) e migliorando lo OS/2, il sistema operativo proprietario. A questo si affiancò una politica di tagli e ristrutturazioni societarie, che portò quasi a dimezzare il numero di dipendenti.

Questa cura da cavallo diede i suoi effetti: non solo la società riacquistò la sua solidità finanziaria, ma il marchio IBM tornò a essere sinonimo di qualità e affidabilità. Anche grazie a questa operazione, IBM riuscì a passare la bolla speculativa delle dotcom in maniera indolore.

Il 2005, però, segna ufficialmente la fine di un'era. Pur continuando a investire nel settore dei mainframe e super-computer dedicati alla ricerca scientifica, economica e finanziaria, IBM decide di mettere fine alla sua esperienza nel settore dei personal computer. La divisione PC, incluso il marchio Thinkpad, viene ceduto alla società cinese Lenovo per poco meno di 2 miliardi di dollari.

Oggi IBM continua ad essere attiva nel settore informatico, ma non solo. Nel 2008 ha investito oltre 300 milioni di dollari in energie alternative, costruendo data center "verdi" che la aiutassero a ridurre la sua impronta ecologica. Negli ultimi anni IBM ha focalizzato la propria attenzione sul fronte smart city: molti dei suoi sforzi si sono concentrati sulla creazione di sistemi informatici integrati per l'automatizzazione dei sistemi cittadini. Nelle sue molteplici sfaccettature - traffico, sistemi energetici, sistema città, telecomunicazioni, commercio, sicurezza, sanità, ecc. - il progetto Smarter Planet (traducibile come Pianeta più intelligente) attira oggi gran parte delle risorse ingegneristiche e finanziarie della società.

Cloud e chip

Pur non possedendo una divisione informatica commerciale, IBM continua a investire con convinzione (e ingenti capitali) nel settore dei computer. Differenziando, però, i settori in cui il colosso statunitense ha deciso di intervenire. Anziché produrre PC domestici e per uffici, la società con sede nello stato di New York ha concentrato le proprie forze – e le proprie attenzioni, ovviamente – nell'ideazione e nello sviluppo di supercomputer, di chip di nuova generazione e in infrastrutture cloud.

Un esempio delle potenzialità della nuova strategia IBM si è avuta nel 2011, anno del centenario della società. Il supercomputer IBM Watson ha letteralmente stracciato i concorrenti umani nel quiz-show televisivo Jeopardy!, mostrando un'abilità fuori dal comune (per un dispositivo informatico, ovviamente) nel comprendere il linguaggio umano e fornire le risposte esatte alle domande che gli sono state poste. Oggi IBM Watson è impiegato in un progetto di cloud cognitivo e aperto al contributo di sviluppatori terzi: sfruttando API messe a disposizione dal team che gestisce il supercomputer, potranno utilizzarne l'incredibile potenza di calcolo e le capacità di analisi del linguaggio umano per realizzare applicazioni cognitive di alto livello.

 

IBM Watson

 

IBM mostra un particolare interesse anche nei confronti dei chip di nuova generazione. Nell'agosto 2014, ad esempio, Big Blue ha mostrato al mondo SyNAPSE, chip ispirato al funzionamento del cervello umano e composto da 1 milione di neuroni al silicio, 256 milioni di sinapsi (connessioni tra neuroni) e 4.96 nuclei neurosinaptici. Nel 2015, invece, è stata la volta di un processore realizzato con tecnologia produttiva a 7 nanometri: la metà esatta rispetto alla tecnologia utilizzata oggi dai vari Intel e AMD per realizzare CPU commerciali. Questa nuova tecnologia dovrebbe permettere di realizzare chip con più di 20 miliardi di transistor e, allo stesso tempo, di ridurre le dimensioni dei microprocessori del 50% circa.

 

IBM SyNAPSE

 

Tutto, però, sembra essere finalizzato per un obiettivo ben preciso: farsi trovare pronti e in prima linea quando l'Internet delle cose esprimerà a pieno le proprie potenzialità.

Non solo supercomputer e intelligenza artificiale

Il piano di rilancio del nuovo CEO Rometty, però, punta su una forte diversificazione delle attività. I supercomputer e l'intelligenza artificiale sono, dunque, solo due dei settori nei quali Big Blue ha deciso di investire dall'inizio degli anni 2000.

Nel 2015, ad esempio, IBM ha reso nota la propria intenzione di creare una nuova divisione di ricerca e sviluppo che si occuperà di Big Data. Gli esperti e scienziati che vi lavorano devono esclusivamente raccogliere dati dalla Rete, analizzarli e metterli a disposizione di sviluppatori e utenti. Un progetto importante, nel quale il colosso statunitense ha deciso di investire risorse economiche e umane: i circa 2000 consulenti al lavoro sul progetto avranno a disposizione un budget di circa 3 miliardi di dollari da spendere entro il 2020.

Nel 2018 IBM annuncia Health Corps, un programma che si propone di fornire consulenza gratuita su scala globale per cercare e dare soluzioni ai problemi di salute dei cittadini. Nel realizzare questo suo programma, la società diretta da Rometty impiega le tecnologie più avanzate di cui dispone: reti di sensori IoT per raccogliere dati ambientali, supercomputer e intelligenza artificiale per analizzare i Big Data, applicazioni per smartphone per dare la possibilità a cittadini e centri di ricerca medica di consultare dati e analisi prodotte dai vari centri IBM.

Questa strategia diversificata ha permesso all'azienda con sede ad Armonk di recuperare parte del terreno perso in passato e, dopo quasi sei anni, fa segnare un bilancio trimestrale finalmente in positivo rispetto all'anno precedente. Nel quarto trimestre 2017 IBM registra un fatturato di 22,54 miliardi di dollari, in crescita del 4% rispetto all'ultimo trimestre del 2016. Un dato che non si vedeva da ben 22 trimestri, ovvero 5 anni e mezzo.

3 febbraio 2018

A cura di Cultur-e
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