Quante volte abbiamo ricevuto un messaggio di posta elettronica e, in calce, abbiamo letto "Rispetta l'ambiente: non stampare questa mail" o una frase simile? Di sicuro tante, perché stampare una email è effettivamente quasi sempre uno spreco di carta che possiamo evitare. A dirla tutta, però, se vogliamo ragionare in maniera ecosostenibile a questa frase ne dovremmo aggiungere anche un'altra: "Rispetta l'ambiente: non inviare questa mail".
Quasi nessuno ci fa caso, perché non può vederlo con i propri occhi, ma ogni nostra attività sul Web ha un impatto ambientale. Per inviare una email, infatti, un server di posta elettronica deve compiere un lavoro. Un piccolissimo lavoro, certamente, ma che ha pur sempre un corrispettivo consumo energetico.
Moltiplicando questo infinitesimale consumo per i miliardi e miliardi di email che vengono inviate ogni anno, allora i conti cambiano. Ma non ci sono solo le email a consumare energia che potrebbe invece essere risparmiata. Se ne è accorto Danny van Kooten, un giovane programmatore olandese che ha creato uno dei plug-in per Wordpress più apprezzati: Mailchimp for Wordpress.
La cura dimagrante di Mailchimp for Wordpress
Mailchimp è un sistema di marketing automatizzato, usato soprattutto per l'email marketing. Mailchimp for Wordpress è usato da oltre due milioni di siti Web nel mondo per permettere si visitatori del sito di iscriversi ad una lista Mailchimp e ricevere aggiornamenti dal sito, offerte e promozioni.
Danny van Kooten, ad un certo punto, si è accorto che il suo plug-in così fortunato aveva un difetto: aggiungendo diverse migliaia di linee di codice ai siti nei quali veniva integrato, aumentava di un bel po' la quantità di dati da trasferire dai server agli utenti ogni volta che veniva visitata una pagina di un sito con Mailchimp for Wordpress.
A questo punto il programmatore olandese ha riscritto da zero il plug-in, sottoponendolo ad una cura dimagrante. Il peso del plug-in è sceso di circa 20 KB, che può sembrare pochissimo ma, anche in questo caso, va moltiplicato per i due milioni di siti che usano Mailchimp for Wordpress.
Danny van Kooten ha fatto i conti di quanta CO2 in meno viene emessa grazie ai 20 KB in meno del suo plug-in e i risultati sono strabilianti: 59 tonnellate di CO2 in meno al mese, l'equivalente delle emissioni generate da 85 voli A/R New York Amsterdam.
Il problema delle pubblicità online
Nessuno ama gli ormai onnipresenti banner pubblicitari che compaiono ogni volta che si visita una pagina Web: sono fastidiosi, ci impediscono di vedere i contenuti che stiamo cercando, rallentano il nostro "zapping" sul Web.
Ancor peggio sono le pubblicità video con autoplay, che quasi "sequestrano" il nostro smarthpone prima di permetterci di saltare l'annuncio. Anche questi ads hanno un costo ambientale, per lo stesso motivo già descritto: tonnellate di codice da scaricare ed eseguire sul dispositivo, che costano energia e CO2.
Discorso forse anche peggiore per i famigerati "tracker" che ci seguono durante la navigazione tra un sito Web e l'altro: non fanno altro che inviare e ricevere dati in continuazione dai loro server.
Quando le normative UE sulla privacy hanno costretto le aziende statunitensi a rimuovere alcuni tracker di monitoraggio dai loro siti quando vengono raggiunti dagli utenti europei, da un giorno all'altro e quasi per miracolo la home page di USA Today si è alleggerita del 90% delle dimensioni dei dati, è diventata 15 volte più veloce da scaricare e, di conseguenza, è diventata anche molto più green.
AI (in)sostenibile
Altra enorme fonte di emissioni di CO2 è l'intelligenza artificiale, che ormai è ovunque. In un paper scientifico pubblicato da Emma Strubell, Ananya Ganesh e Andrew McCallum del College of Information and Computer Sciences del Massachusetts gli scienziati spiegano che per allenare un algoritmo di deep learning è necessario farlo girare su una mole di dati talmente grande che, alla fine del processo, le emissioni di CO2 generate sono equivalenti a cinque volte le emissioni causate da un'automobile nel suo intero ciclo di vita, produzione e rottamazione incluse.
Streaming video e bitcoin
Altre due attività estremamente energivore e impattanti sull'ambiente sono la trasmissione dei video in streaming e la creazione delle criptovalute, come i bitcoin.
La stima attuale è che circa il 60% del traffico scambiato oggi su Internet sia collegata ai video in streaming. Una percentuale elevatissima, ma che preoccupa fino ad un certo punto perché in questo settore gli spazi, e le possibilità, per migliorare la situazione sono molto ampi. Si tratta sostanzialmente di cambiare codec, cioè il formato di compressione dei video, in modo da mantenere la stessa qualità con un bitrate di molto inferiore. Al momento la sfida è tra H.266/VVC, AOMedia AV1 ed MPEG 5 e non è chiaro chi vincerà. Però è certo che da questi codec ci possiamo aspettare un bitrate tra il 25% e il 40% inferiore.
Ben diversa è la situazione bitcoin: vengono "prodotti" da vere e proprie "farm", dei capannoni pieni zeppi di schede video che macinano miliardi e miliardi di calcoli con un consumo energetico preoccupante. In uno studio del 2019 Christian Stoll, Lena Klaaßen e Ulrich Gallersdörfer hanno stimato un consumo annuo per produrre i bitcoin pari a 45,8 TWh, con emissioni pari a circa 22 tonnellate di CO2. L'intera Italia, giusto per fare un paragone, consuma ogni anno circa 300 TWh di energia elettrica.
Come misurare i consumi del software (per ridurli)
Se è ormai chiaro che il software deve essere messo a dieta per ottenere una cospicua riduzione delle emissioni di CO2, è meno chiaro come misurare con precisione quanta energia consuma un software per la sua esecuzione. Un tentativo in questa direzione lo stanno facendo quattro ricercatori italiani del Politecnico di Torino: Luca Ardito, Marco Torchiano, Maurizio Morisio e Marco Torchiano.
L'idea, formalizzata in uno studio scientifico, è quella di mettere a punto un metodo standard per misurare i consumi energetici del software, in modo da poterne misurare anche eventuali riduzioni.