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Self parking, cosa è e come funziona

I sistemi di self parking sono diventati sempre più diffusi e sono una sorta di antipasto delle auto a guida autonoma. Ecco quali sono le tecnologie su cui si basano

Auto parcheggio assistito

Nel mondo dell'alta tecnologia poche cose sono certe come il futuro del mondo automotive. Oltre a essere alimentate da batterie al litio e mosse da motori elettrici, le auto del futuro si guideranno da sole. Come mostrano già i primi prototipi – vedi Tesla, Uber e Google in collaborazione con Fiat Chrysler – le tecnologie per il pilota automatico sono già sufficientemente avanzate e sofisticate, ma non saranno implementate a bordo dei modelli in commercio prima di alcuni anni.

Diversi i motivi dietro questa scelta. Prima di tutto economici: i sistemi di guida autonoma (sia la parte software sia la parte hardware) hanno costi di svariate migliaia di euro e potrebbero essere montati solamente sui modelli "premium". Non vanno poi sottovalutati né gli aspetti tecnici-tecnologici, né quelli legali. Nonostante i chilometri di test accumulati negli ultimi anni, le tecnologie per il pilota automatico hanno ancora bisogno di tempo e di prove. Allo stesso tempo, la legge non ha ancora "recepito" questa novità tecnologica e le auto a guida autonoma non sono autorizzate a circolare ovunque.

 

Auto senza pilota

 

Chi volesse però provare ugualmente l'ebrezza delle auto senza pilota non deve aspettare poi così tanto. Anzi. Dei sistemi di guida autonoma parziale, infatti, sono presenti in molti modelli già disponibili sul mercato. Si pensi, ad esempio, a tutte quelle auto dotate di tecnologie per il parcheggio assistito, capaci di effettuare "parcheggi affiancati" senza battere ciglio e senza che il guidatore sia costretto a prendere tra le mani il volante. Ma come funziona il self parking? Scopriamolo assieme.

Storia dei sistemi di parcheggio assistito

Le prime tecnologie in questo settore sono state sviluppate circa 20 anni fa (a cavallo tra vecchio e nuovo millennio, dunque) in Francia dal Institut National de Recherche en Informatique et an Automatique (INRIA, "Istituto Nazionale di Ricerca in Informatica e Automatica" in italiano). I motivi che hanno spinto i ricercatori francesi a realizzare sistemi del genere sono piuttosto semplici: tra le varie modalità di parcheggio, quello "affiancato" (quello da effettuare inserendosi tra due mezzi, partendo di fianco a quello più avanzato) è da sempre ritenuto il più complesso e difficile da imparare e "gestire".

L'INRIA, dunque, ha sviluppato delle tecnologie che garantissero una maggior sicurezza degli occupanti dell'auto, facilitassero la vita al guidatore e, soprattutto, riducessero al minimo il numero di (micro)incidenti provocati da questa manovra. I risultati della ricerca francese hanno poi portato alla creazione dello standard SAE J3016 (dove SAE sta per Society Automotive Engineering, "Società di ingegneria automobilistica" in italiano), cui ancora oggi si ispirano i maggiori produttori mondiali (tra cui Ford, Fiat, BMW e Mercedes) per l'implementazione della tecnologia nelle loro automobili.

Sistemi di self parking

Nello standard tecnologico dell'INRIA sono specificati cinque diverse tipologie, o modelli, di sistemi di parcheggio assistito: Driver Assistance, Partial Automation, Conditional Automation, High Automation e Full Automation. Si tratta di una scala progressiva, che porta da sistemi dotati di automazione minima (driver assistance) a mezzi in grado di parcheggiare in piena autonomia senza che il guidatore debba premere alcun pedale né toccare minimamente il volante. Nei modelli oggi in commercio si trovano implementate tecnologie che fanno parte del secondo e terzo gruppo (automazione parziale e automazione condizionale), ma sul mercato sono già presenti auto che parcheggiano da sole, senza intervento "esterno".

Come funziona la tecnologia per il self-parking

Qualunque sia il sistema implementato, il self parking fa ricorso a sensori distribuiti su tutto il "perimetro" del veicolo e su software in grado di raccogliere i dati in ingresso, elaborarli e "trasformarli" in una rappresentazione virtuale dell'ambiente che circonda il mezzo. In questo modo il cervellone elettronico della macchina sarà in grado di calcolare gli spazi necessari a parcheggiarsi ed effettuare le manovre richieste. Le auto oggi in commercio montano solitamente sensori elettromagnetici o, più comunemente, ultrasonici. Questi ultimi funzionano come fossero una sorta di ecoscandaglio e sono in grado di rilevare "in diretta" le distanze che separano la nostra auto da quella che la precedono e da quella che la segue. Calcoli che permettono al sistema di parcheggio assistito di effettuare la manovra senza correre il rischio di strusciare paraurti o fiancate.

 

 

Self parking in pratica

Come detto, però, la gran parte dei modelli di auto in commercio sfrutta sistemi di parcheggio assistito solo parziali. Detto in parole povere, è ancora richiesto un intervento – seppur minimo – del guidatore in carne e ossa. Dopo aver affiancato l'automobile e premuto il pulsante per avviare la procedura, al "pilota" sarà richiesto di frenare e cambiare marcia ogni volta che il sistema di parcheggio assistito lo richiederà. A girare il volante al momento esatto, invece, ci penserà il computer di bordo dell'automobile.

A cura di Cultur-e
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