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Domini web, l'Unicode spalancherebbe le porte a 1 miliardo di utenti

Un bug impedisce il corretto funzionamento di siti web con top-level domain scritti con caratteri non latini. La soluzione sta nell'Unicode

Dominio cinese

Quando è nato, a cavallo tra la fine degli Anni '80 e l'inizio degli Anni '90 dello scorso secolo, forse nessuno immaginava che avrebbe avuto un impatto simile. Creato da Tim Berners Lee nelle stanze del CERN di Ginevra come semplice progetto interno, il World Wide Web è rapidamente diventato un elemento indispensabile nella nostra quotidianità. Se ci si ferma per un secondo e si pensa per quanto tempo e per quante volte lo si usa nel corso della giornata, ci si rende conto che difficilmente riusciremmo a farne a meno.

Per quanto migliorato nel corso degli anni, però, il World Wide Web ha ancora molti aspetti da migliorare. Uno di questi è legato alla sua profonda natura occidentale. Nato in Svizzera per un'utenza prettamente anglofona, il web è a lungo rimasto una sorta di "club" esclusivo per lingue e scritture basate su caratteri latini. E anche se oggi si contano milioni di portali scritti con caratteri di ogni tipo (dal cirillico agli ideogrammi delle lingue asiatiche), l'alfabeto latino detta legge per quel che riguarda i nomi di dominio.

Una situazione favorita anche da un bug negli algoritmi di gestione dei top-level domain (TLD), riscontrato nel 2012 quando l'ICANN apre le porte a TLD scritti con altri caratteri. Nonostante tra questi ce ne fossero di scritti in cirillico, con i kanji giapponesi e così via, una "falla" nel sistema ha impedito la massiccia diffusione di portali in lingue diverse.

 

Estensioni dominio

 

17 milioni in più

Un bug che impedisce a società e aziende di tutto il mondo di affacciarsi su nuovi mercati e provoca, secondo alcune stime, mancati guadagni per miliardi di dollari. A rimetterci, però, non sono solamente le attività produttive, ma anche normali cittadini. Un fix permetterebbe a circa 17 milioni di nuovi utenti che parlano russo, arabo, cinese, vietnamita e indù di accedere immediatamente alla Rete. Una stima fatta dal cosiddetto Universal accetpance steering group, che si batte all'interno dell'ICANN affinché si metta finalmente fine a questa sorta di "ostracismo digitale".

Una stima piuttosto prudenziale, però. Una correzione in questo senso del sistema TLD, infatti, spalancherebbe le porte del web a una moltitudine di persone – qualcuno stima addirittura un miliardo – attualmente tagliate fuori perché incapaci di leggere e parlare una lingua differente dalla loro lingua madre. Lo Steering Group, di cui fanno parte big del mondo dell'informatica e del web come Microsoft e GoDaddy, si è fatto quindi portavoce di un movimento che sarebbe anche in grado di ribaltare gli attuali equilibri su cui si regge il web.

Questione di ASCII

Più che la correzione di un bug, i tecnici dell'ICANN dovrebbero occuparsi dell'integrazione di un nuovo sistema di gestione dei caratteri. Attualmente, infatti, il riconoscimento dei caratteri dei Top-level Domain è basato sull'ASCII, acronimo di American Standard Code for Information Interchange, un set di caratteri composto in gran parte da lettere dell'alfabeto latino. Accade così che, digitando una URL con estensione in giapponese (ma anche indù, arabo o vietnamita, per fare altri tre esempi), il server web o email non riesca a decifrare i caratteri digitati e, non riconoscendo la richiesta, finirebbe per rispedirla indietro al mittente. Alcuni test condotti dai tecnici dello steering group hanno riscontrato che solo il 20% dei messaggi di posta elettronica indirizzati a TDL non latini viene effettivamente ricevuta, mentre il restante 80% torna indietro al mittente.

Passaggio all'Unicode

 

Unicode

 

La soluzione, almeno da un punto di vista teorico, è estremamente semplice. I tecnici ICANN dovrebbero sostituire l'ASCII con l'Unicode, un set di caratteri molto più ampio e comprensivo anche di alfabeti non latini (oltre agli immancabili emoji). Nella realtà dei fatti, però, questo intervento costerebbe svariati milioni di dollari (se non diverse decine di milioni) e al momento non sembra essere una priorità nell'agenda dell'ente che gestisce i TLD. Un errore di valutazione, secondo i membri dello Universal acceptance steering group, secondo i quali i vantaggi economici del cambio da ASCII a Unicode sarebbero di gran lunga superiori alle spese preventivate.

A cura di Cultur-e
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