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Addicted Products o il futuro dell'Internet delle cose

Il progetto del designer italiano Simone Rebaudengo evidenzia come i gadget tecnologici rivestano un'importanza fondamentale nella nostra vita E di come, nei prossimi anni, potrebbero influenzare il nostro comportamento sino a “costringerci” ad allevarli...

Brad, il tostapane di Addicted Products

La rivolta degli elettrodomestici è vicina? Secondo Simone Rebaudengo, designer italiano con il pallino dell'hi-tech e per l'Internet delle cose, in un futuro nemmeno troppo lontano gli elettrodomestici potrebbero infastidirsi e, in casi limite, andarsene di casa, se non adeguatamente utilizzati e curati. Questo, almeno, il concept alla base del progetto Addicted Products, valso a Rebaudengo il premio Best in Show 2014 agli Interaction awards.

Addicted Products

Il progetto del designer italiano, sviluppato in collaborazione con lo studio britannico Haque Design Research, vuole evidenziare come i gadget tecnologici rivestano già oggi un'importanza fondamentale nella nostra vita. E di come, nei prossimi anni, potrebbero influenzare il nostro comportamento sino a “costringerci” ad allevarli ed accudirli come figli. Alla base di Addicted Products l'idea che l'Internet of things non debba necessariamente portare allo sviluppo di un mondo armonioso: se gli elettrodomestici e tutti gli altri gadget connessi alla Rete saranno dotati di una propria “personalità”, l'uomo potrebbe anche diventare una sorta di “strumento” nelle loro mani.

 

 

Una situazione, come accennato, vissuta parzialmente anche oggi. Basti pensare come moltissime persone soffrano di una sorta di dipendenza dallo smartphone e siano capaci di qualsiasi cosa al minimo trillo del loro telefono intelligente. Tra notifiche mail, messaggi di WhatsApp, SMS e aggiornamenti di status su Facebook, capita spesso e volentieri di estraniarsi dal mondo che ci circonda per interagire solo ed esclusivamente con il display del cellulare.

Brad

Al centro di Addicted Products c'è Brad, un tostapane “connesso”, capace di comunicare con i suoi simili sfruttando la connessione ad Internet. Un tostapane piuttosto intelligente, insomma. E anche piuttosto permaloso.

Addicted Products

 

Rebaudengo ha infatti messo in piedi un piccolo esperimento di “ingegneria sociale”, realizzando cinque prototipi di smarttoaster (o tostapane intelligenti), collegandoli alla Rete e mettendoli in contatto grazie a speciali protocolli di comunicazione. Grazie alla connettività, i toaster hanno potuto scambiare tra di loro informazioni di ogni tipo: dal numero di volte che sono stati utilizzati alla tipologia di utilizzo. E, nel caso si accorgano di essere sottoutilizzati rispetto agli altri tostapane intelligenti, cominciare a fare le bizze e richiedere maggiore attenzione. E nel caso non dovesse fuzionare - fa notare Rebaudengo - potrebbero addirittura decidere di cercarsi un'altra casa, più confortevole e amorevole nei loro confronti...

Chiaroscuro

Si tratta, evidentemente, di un'estremizzazione di ciò che potrebbe accadere a causa dell'Internet of things. La realtà, probabilmente, sarà ben altra. E ben altri saranno i problemi che porterà con sé. Primo fra tutti un ulteriore attacco alla privacy e perdita dell'indipendenza spaziale delle persone. Nonostante gli indubbi vantaggi che sistemi di dispositivi interconnessi possono portare con sé - possibilità di spegnere la luce mentre si è a cena fuori, chiudere a chiave il portone di casa mentre si è in vacanza, impostare il termostato poco prima di uscire da lavoro e trovare gli ambienti caldi una volta arrivati a casa, ecc - i punti oscuri restano.

 

Internet of Things

 

Con dispositivi elettronici connessi in Rete capaci di far tutto - dal cucinare a guidare, dall'imbiancare a costruire le abitazioni - porterà sempre più gli esseri umani ad impigrirsi, rendendoli pian piano avulsi a qualsiasi tipo di attività. Ci sarà, quindi, una conseguente perdita nella libertà di movimento nello spazio. “È una piacevole prigione - affermava qualche tempo fa il professore De Kerckhove, docente presso l'Università Federico II di Napoli -. Non ti muovi mai più neanche mentalmente se la macchina ti fa tutto, c'è una crisi di autonomia. Ancora non si percepisce bene, ma presto si sentirà”. Pe la privacy, sostiene De Kerckhove, potrebbe essere già troppo tardi. “Aveva ragione Mark Zuckerberg a dire che siamo già deprivacytizzati”. Anzi, sostiene ancora il docente di origine belga, è una perdita di cui ci interessiamo molto poco.

A cura di Cultur-e
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