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Quando il testimone del delitto è la smart home

Accade sempre più di frequente che i dispositivi IoT siano utilizzati in fase di indagine per trovare indizi e prove su delitti efferati

smart home

Li conosciamo – e apprezziamo – per le loro caratteristiche e funzionalità e la loro capacità di semplificarci la vita. Sin dalla loro introduzione, i dispositivi della smart home sono diventati compagni inseparabili di tutte quelle persone con il pallino della domotica e dell'automazione domestica. I termostati smart, ad esempio, ci permettono di controllare a distanza la temperatura in casa e risparmiare sulla bolletta del gas; le lampadine connesse, invece, consentono un miglior controllo dell'illuminazione domestica garantendo anche un notevole risparmio sulla bolletta della luce.

Questi dispositivi, però, potrebbero ben presto servire anche per altri scopi. Come dimostrano alcuni casi di omicidio negli Stati Uniti, i vari termostati intelligenti o assistenti vocali domestici potrebbero anche essere chiamati a "deporre" in caso di crimini commessi in loro "presenza". Va ricordato che i loro sensori (siano essi microfoni, accelerometri, sensori di flusso e così via) sono sempre attivi e pronti a registrare quello che accade nelle loro vicinanze. Testimoni perfetti, insomma, per inquirenti a caccia di indizi o giudici alla ricerca di prove di colpevolezza.

Il caso Bates

Gli Stati Uniti, come spesso accade in situazioni del genere, fanno da apripista. Per risolvere un intricato caso di omicidio avvenuto nel 2015, gli investigatori vorrebbero utilizzare dati e informazioni ricavate dai dispositivi IoT presenti all'interno della "scena del crimine". L'abitazione nella quale è stato trovato morto James Andrew Bates è una vera e propria smart home: tra sensori di flusso per il consumo dell'acqua, assistenti vocali domestici, smart bulb e sistemi d'allarme intelligenti, non c'è un'attività che non fosse monitorata – e registrata – da qualche smart gadget.

 

amazon echo

 

Il sensore di flusso attaccato al contatore dell'acqua, ad esempio, ha fornito agli inquirenti informazioni riguardanti l'utilizzo anomalo di acqua in piena notte (ben 530 litri), mentre Amazon Echo avrebbe registrato conversazioni e presenze all'interno dell'abitazione negli istanti in cui veniva compiuto il delitto. L'assistente vocale domestico di Amazon, infatti, è dotato di ben sette microfoni sempre attivi e molto sensibili: potrebbero essere loro, dunque, i testimoni indiscreti di un delitto irrisolto da ormai un paio di anni.

Il caso Dabate

 

fitbit

 

A maggio 2017, invece, la Polizia statunitense ha fatto ricorso a un altro dispositivo IoT per risolvere un nuovo caso di omicidio. Grazie ai dati del braccialetto fitness Fitbit che indossava, gli inquirenti hanno potuto ricostruire con grande precisione l'omicidio di Connie Dabate, uccisa nel 2015 in quel di Ellington (Connecticut). Secondo il marito, ora incolpato di uxoricidio, la donna sarebbe stata ammazzata da un uomo alto e obeso, introdottosi furtivamente all'interno della loro abitazione; secondo i dati del braccialetto fitness, invece, Connie Dabate era ancora viva e vegeta un'ora dopo rispetto a quanto dichiarato dal coniuge. Dati confermati, tra le altre cose, anche da altri gadget presenti nella smart home dei due: a supporto delle ipotesi degli inquirenti ci sono anche informazioni ricavate da antifurto, computer, telefonini e i messaggi pubblicati sui social network.

Nuova frontiera investigativa

Insomma, come dimostrano entrambe le indagini, gli investigatori e le forze di polizia di tutto il mondo – e non solo degli Stati Uniti – hanno un nuovo, quanto inatteso, alleato. I dati raccolti e archiviati dai vari dispositivi IoT, infatti, hanno valore probatorio sia in fase di indagine, sia in fase di dibattimento nelle aule del tribunale. Uno scenario fantascientifico fino a pochi anni fa e che ora, invece, apre le porte a nuove modalità di indagine e di reperimento di prove e indizi sulla scena del crimine.

A cura di Cultur-e
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