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Che cos'è la techplomacy e cosa fanno i tecno-ambasciatori

Vista la crescente influenza dell'hi-tech nelle nostre vite, gli stati-nazione sono costretti a correre ai ripari, creando la figura del tecno-ambasciatore

Casper Klynge nel corso di una conferenza nella Silicon Valley

Come recita la stessa job description, il suo ruolo è di proteggere gli interessi nazionali e tentare di influenzare la direzione del cambiamento sulla scala globale. Insomma, mansioni da diplomatico vecchio stampo, anche se sono molti quelli che sostengono si tratti di un ruolo più affine alle public relationship anziché ai rapporti diplomatici così come li abbiamo conosciuti negli ultimi decenni. Non c'è comunque da stupirsi se attorno a questo ruolo regni così tanta incertezza e ci sia una tale diversità di visioni: si tratta di un compito decisamente non convenzionale ed ancora piuttosto sperimentale, che probabilmente troverà una sua formalizzazione e istituzionalizzazione solo negli anni a venire.

Quella del tecno-ambasciatore (o diplomatico hi-tech) è una figura professionale completamente nuova e in continua evoluzione, nata per rispondere alle sollecitazioni che le nuove tecnologie (e le nuove modalità di comunicazione) stanno ponendo al nostro stile di vita e alla nostra quotidianità. La scelta della Danimarca di nominare il primo tecno-ambasciatore al mondo e dare così il via a quella che è stata già ribattezzata come techplomacy, dunque, non deve affatto sorprendere. Come afferma lo stesso Casper Klynge, ambasciatore hi-tech del Paese scandinavo e un passato da diplomatico "vecchio stampo" nel sud est asiatico, i diplomatici sono sempre stati inviati in quei luoghi dove l'innovazione, la creatività e le nuove tecnologie (o i conflitti) stanno influenzando maggiormente le nostre vite.

Che cos'è la techplomacy

Il termine di techplomacy (crasi delle parole technology, "tecnologia", e diplomacy, "diplomazia") nasce nel momento in cui gli stati-nazione iniziano a dover far fronte a un trend peculiare del nostro tempo: la tecnologia (e, in particolare, l'elettronica) è diventata la forza primaria che modella il nostro mondo; a governare e controllare questa forza non sono più organismi e organizzazioni statali, ma un piccolo manipolo di aziende concentrate, in gran parte, in una regione della California (la Silicon Valley). Necessario, dunque, dotarsi di rappresentanti diplomatici che, alla stregua dei "normali" ambasciatori, sappiano individuare e difendere gli interessi della loro nazione interagendo con le suddette entità.

 

Logo della tecnoambasciata danese

 

Cosa fanno i diplomatici hi-tech

Come spiegato da Klynge in varie occasioni, le funzioni principali del suo nuovo ruolo non sono poi così differenti rispetto a quelle che svolgeva sino a qualche mese fa in Indonesia. Il Governo danese si aspetta che lui porti avanti le istanze della piccola nazione norrenica, cercando di ottenere condizioni favorevoli nelle relazioni tra i vari attori in campo e riesca a guadagnare una sorta di posizione di vantaggio rispetto alle altre nazioni su temi e questioni di rilevanza nazionale e internazionale.

 

Casper Klynge nel corso di una riunione

 

La più grande differenza sta negli interlocutori con i quali i tecno-ambasciatori devono intrattenere rapporti. Se un diplomatico "classico" deve relazionarsi con Governi, organizzazioni governative statali e sovrastatali e altri rappresentanti diplomatici, un esponente della techplomacy avrà a che fare con aziende (più o meno grandi) che giocano un ruolo chiave nel definire le nuove tecnologie e nuovi mezzi di comunicazione, intratterrà rapporti con università e centri di ricerca e dovrà, con la sua moral suasion, convincere i big dell'alta tecnologia ad adottare soluzioni favorevoli al Paese che rappresenta (nel campo della sicurezza informatica, in quello della protezione dei dati personali o, ancora, nel settore della tassazione e del pagamento delle imposte, tanto per fare degli esempi).

Chi sono i primi tecno-ambasciatori

Sinora, sono solamente due i diplomatici hi-tech nominati ufficialmente dai loro stati. C'è da dire, però, che il loro ruolo e le loro funzioni – così come la loro "residenza" – sono estremamente differenti. Come già detto, il primo tecno-diplomatico al mondo è Casper Klynge, danese "trapiantato" nella Silicon Valley e operativo dalla seconda metà del 2017. Le sue funzioni, come già accennato, non differiscono molto rispetto a quelle svolte in passato: a cambiare sono stati gli interlocutori. Oggi Klynge si trova a relazionarsi con i rappresentanti di Microsoft, Google, Facebook e decine di altre aziende, con le quali discute di tematiche inerenti la legislazione e tassazione dei vari settori nelle quali operano, ma non solo.

Da inizio 2018 è comparso sulla scena anche il secondo ambasciatore hi-tech, nominato anche in questo caso da una nazione dell'Unione Europea. Si tratta del francese David Martinon, ambasciatore per il digitale che ha ricevuto dal Presidente Macron l'incarico di combattere il cyberterrorismo. Insomma, un esperto di diplomazia e cyber warfare che giocherà un ruolo molto delicato nel difendere i confini digitali del Paese transalpino. A differenza di Klynge, Martinon non vive nella Silicon Valley, ma ha mantenuto la sua residenza a Parigi. Diversi anche ruolo e funzioni: come spiega l'ambasciatore per il digitale, il suo compito è rappresentare la Francia presso le Nazioni Unite su temi quali sicurezza informatica e cyberterrorismo, oltre a intrattenere rapporti con rappresentanti dell'ICANN e dell'International Telecommunication Union. Insomma, funzioni (e scopi) alquanto differenti rispetto a quelli del collega danese.

A cura di Cultur-e
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