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Leggi contro l'obsolescenza programmata

La pratica del 'fine vita programmato' per i dispositivi elettronici potrebbe ben presto essere messo fuori legge. Ecco i dettagli

La messa fuorilegge dell'obsolescenza ridurrebbe la quantità di RAEE

Tra computer che smettono di funzionare improvvisamente, smartphone che rallentano, batterie agli ioni di litio con cicli di carica inferiori al previsto, il tema dell'obsolescenza programmata resta uno dei più caldi e dibattuti nel mondo della tecnologia e dell'elettronica di consumo. Come si sa, infatti, il fine vita anticipato riguarda un po' tutti i dispositivi elettronici che abbiamo in casa e siamo soliti utilizzare quotidianamente: dai televisori ai condizionatori, dai frigoriferi agli smartphone, passando per computer e ogni tipologia di elettrodomestico.

Non c'è da sorprendersi, dunque, se anche la politica inizia a interessarsi di cosa è l'obsolescenza programmata e di come combattere e arginare il fenomeno. Da più parti, infatti, si chiede un intervento legislativo che metta un freno all'obsolescenza degli elettrodomestici e aiuti i consumatori ad avere dispositivi che abbiano un ciclo di vita più lungo dell'attuale. E se in Francia il Parlamento si è già mosso in questo senso, da noi le cose sembrano essere un po' ferme: forse l'Unione Europea, con una direttiva ad hoc, darà una sferzata a Camera e Senato.

Che cos'è l'obsolescenza programmata

Mutuando la definizione utilizzata in una proposta di legge ferma in una Commissione della Camera dei Deputati, l'obsolescenza programmata può essere definita come quella  "pratica industriale in forza della quale un prodotto tecnologico di qualsiasi natura è deliberatamente progettato dal produttore in modo da poter durare solo per un determinato periodo, al fine di imporne la sostituzione con un nuovo prodotto, più efficiente e funzionale, la cui carica innovativa viene pianificata in precedenza".

In parole più semplici, i prodotti tecnologici sono programmati per finire fuori uso poco tempo dopo la scadenza della garanzia: in questo modo i produttori si assicurano la continuità del flusso commerciale. Anche acquistando un televisore (o uno smartphone, o un forno a microonde, o una stampante, o una lavatrice) oggi, l'utente sarà costretto a cambiarlo non perché lo voglia, ma per "necessità indotta".

La storia dell'obsolescenza programmata

Nonostante possa apparire come una pratica piuttosto moderna e attuale, le radici dell'obsolescenza programmata sono ben piantate nei primissimi anni della seconda rivoluzione industriale. Il primo caso si ebbe nel 1924: i produttori di lampadine – inclusi gli italiani – si accordarono (il cosiddetto accordo Phoebus) per ridurre artificialmente la durata delle lampadine ad incandescenza. Anziché le "usuali" 2.500 ore, vennero ri-progettate e ri-costruite affinché i filamenti interni si rompessero dopo 1.000 ore.

 

Le stampanti ink-jet sono tra le maggiori vittime dell'obsolescenza programmata

 

Da lì, l'obsolescenza programmata ha fatto moltissima strada: basti pensare alle stampanti progettate per stampare un determinato numero di pagine o alle lavatrici con barre di calore realizzate con alcune leghe o metalli destinate ad arrugginirsi in breve tempo. O, ancora, alle batterie degli smartphone, il cui ciclo di vita si basa sul numero massimo di ricariche effettuabili.

L'iniziativa legislativa in Italia per arginare l'obsolescenza programmata

Due le proposte di legge, avanzate nel corso della XVII Legislatura, che vorrebbero provare a mettere freno all'obsolescenza programmata, garantendo così maggior diritti ai cittadini-acquirenti. Entrambe hanno un contenuto simile ma non sono arrivate, al momento, alla discussione in Aula. La prima, proposta nel 2013 da alcuni Deputati dell'allora gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, dopo aver definito che cos'è l'obsolescenza programmata, prevede che i pezzi di ricambio (il cui prezzo deve essere proporzionato al prezzo di vendita del bene) siano disponibili per tutto il tempo in cui il bene è immesso in circolazione nel mercato, nonché per i cinque anni successivi Nei piani del legislatore, la nuova legge dovrebbe avere ricadute anche sul piano occupazionale. Si dovrebbero incentivare, infatti, tutte quelle professionalità che permetterebbero di riparare o recuperare vecchi dispositivi elettronici, per concedere loro una seconda possibilità.. La seconda, avanzata dal gruppo del MoVimento 5 Stelle nel 2015, prevede (tra le altre cose) l'estensione del periodo di garanzia a 5 anni per i beni di consumo di piccole dimensioni e 10 anni per quelli di grandi dimensioni. 

 

Con l'obsolescenza fuorilegge il lavoro del "riparatutto" troverebbe nuova linfa

 

La legge contro l'obsolescenza programmata in Francia

I cugini transalpini, invece, hanno già la loro legge contro l'obsolescenza programmata. Approvata dal Senato nel luglio 2015, la legge prevede l'estensione del periodo di garanzia da 2 a 5 anni e il divieto di progettare e produrre dispositivi destinati a rompersi dopo pochi anni d'utilizzo. I produttori che non si allineano al nuovo dettame legislativo rischiano sanzioni piuttosto pesanti: fino a 2 anni di reclusione e una multa fino a 300 mila euro (o equivalente al 5% del fatturato dell'azienda in Francia). Come rilevato da molti, c'è da dire che la legge francese non definisce molto precisamente cosa è l'obsolescenza programmata, lasciando ampio spazio alle interpretazioni più varie.

La direttiva dell'Unione Europea

Non ci sono solo i Parlamenti nazionali in prima fila per arginare l'obsolescenza programmata: anche Parlamento e Commissione Europea hanno più volte deliberato contro il fine vita programmato dei dispositivi elettronici. Nel giugno 2017 è arrivato un report del Parlamento sui vantaggi (per consumatori e produttori) di elettrodomestici e dispositivi con un'aspettativa di vita maggiore rispetto a quella attuale; dal giugno 2005, invece, una direttiva obbliga i produttori ad avvisare gli utenti nel caso in cui i prodotti siano progettati per avere un'aspettativa di vita limitata.

10 gennaio 2018

A cura di Cultur-e
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