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Dquid, la piattaforma hardware made in Italy per l'Internet delle cose

Ideata e realizzata a Reggio Emilia, fa della semplicità di integrazione e utilizzo i suoi punti di forza. Ecco spiegate tutte le sue potenzialità

Dquid IO

Entro il 2020 30 miliardi di oggetti e dispositivi elettronici saranno collegati alla Rete per dare vita, forma e sostanza al cosiddetto Internet delle cose (Internet of things in inglese, abbreviato in IOT). Una tendenza in atto da qualche anno a questa parte, cui i produttori di elettrodomestici stanno già tentando di adattarsi presentando modelli di lavatrici, frigoriferi e aspirapolvere – solo per fare tre esempi – sempre più avanzati e dotati di connettività al web.

 

Dquid IO

 

Nel futuro prossimo, insomma, tutti gli oggetti che utilizziamo quotidianamente potranno comunicare tra di loro – anche i più impensabili, come le lampadine o il termostato – sfruttando la connettività a Internet e sistemi di comunicazione integrati. Oggi, invece, sempre più ricercatori e sempre più start-up sono impegnate nello sviluppo di sistemi hardware e software che permettano di trasformare in smart devices oggetti di uso quotidiano.

Dquid IO

Dquid IO ne è un esempio. Sviluppata a Reggio Emilia da un team di giovani ricercatori, Dquid IO è una scheda dotata di Bluetooth, GPS, NFC, Wi-Fi, GPRS (opzionali) e altre interfacce comunicative che consentono di connetterla a qualunque oggetto: automobile, scooter, macchina da caffè, lavatrice e molto altro ancora. Da molti paragonata ad Arduino, la piattaforma hardware open source ideata da Massimo Banzi, Dquid IO è concepita per dare la possibilità agli oggetti di uso comune (non smart) di connettersi alla Rete e dialogare tra loro. Grazie a questa tecnologia, tostapane, lavatrice, frigo e macchina per il caffè espresso potranno essere connesse ad Internet ed essere controllate tramite smartphone e tablet.

 

 

Plug, tag, share

Questa piccola basetta hardware implementa l'approccio plus, tag and share. Nella prima fase, quella di plug (quella di collegamento, se così possiamo dire), l'oggetto (sia esso elettrodomestico, dispositivo elettronico, automobile o scooter) viene potenziato e dotato di nuove funzionalità grazie all'integrazione in Rete. La seconda fase, quella di tag, prevede l'assegnazione di una nuova identità digitale all'oggetto, con la specifica delle funzioni pensate da ricercato e programmatori per mezzo del software di sviluppo (SDK, software development kit). La fase di share è quella in cui i progettisti e sviluppatori condividono la loro creazione – sia hardware, sia software – con il resto della comunità, favorendo lo sviluppo di nuovi modelli commerciali ed economici.

Le potenzialità di Dquid IO

Con un costo che va dai 40 euro per la versione base ai 100 euro per la versione “pomodoro” (quella dotata di tutti i sensori e tutte le schede di espansione), Dquid IO promette di rivoluzionare il modo in cui sviluppatori e aziende progettano oggetti sempre nuovi e sempre più smart. I primi, infatti, avranno a disposizione una piattaforma hardware tutto sommato economica, collaudata e dalle enormi potenzialità. Le aziende, invece, potranno aggiornare ed evolvere il loro parco prodotti senza doverli riprogettare da capo o doverli stravolgere. Dquid IO, proprio come Arduino, si integra facilmente all'interno di qualunque oggetto e può essere collegato con pochi, semplici step.

 

 

Oggi Dquid IO è già utilizzato da Piaggio e Xee (startup francese) per realizzare sistemi di comunicazione tra mezzi meccanici e dispositivi di comunicazione mobile (soprattutto smartphone, ma non solo). Le informazioni che Dquid è in grado di reperire e mettere a disposizione degli utenti sono molteplici: dal prezzo del carburante dei distributori della zona (recuperati grazie al modulo GPS e alla connettività al web) al controllo a distanza delle condizioni del mezzo.

Le applicazioni di questa piccola scheda hardware, però, vanno ben oltre. L'idea di base degli sviluppatori è quella di realizzare una piattaforma partecipativa dove chiunque potrà mettere a disposizione le proprie idee e la propria esperienza a favore delle piccole aziende e delle startup attive nel settore della cosiddetta “digital industrial economy”.

A cura di Cultur-e
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